Il presidente della Cei e del Ccee intervistato dal Sir a conclusione dei due viaggi ecumenici a Mosca e a Istanbul -
“La Chiesa crede nell’Unione Europea, ma con una base non individualista e materialista, bensì di ordine culturale e spirituale. L’Unione o rispetta le identità dei popoli, oppure continuerà ad essere percepita come estranea e, quindi, senza futuro. Crediamo che non sarebbe un bene: come ogni continente, l’Europa ha una sua missione nel contesto del mondo, e ha a che fare con un mondo globale che cresce”. Lo dice al Sir il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana e del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee), in un’intervista a conclusione di due importanti viaggi ecumenici: il primo a Mosca per un incontro con il Patriarca Kirill, il secondo a Istanbul dal Patriarca Bartolomeo I.
“Il 60° anniversario del Trattato europeo è un’occasione propizia affinché i capi di Stato confermino il sogno europeo, e facciano un serio esame di coscienza se il progetto è rimasto fedele ai ‘padri fondatori’. I segnali di diffidenza e di lontananza dall’Unione ci sono. Non prenderli sul serio sarebbe da irresponsabili”, aggiunge il cardinale. “Abbiamo constatato anche che oggi il bisogno religioso non sta morendo in Europa: al contrario, cresce. Spesso non è ancora fede, ma il fatto che le persone, specie i giovani, sentano il richiamo di Dio, che la vita non si può esaurire nelle cose materiali, è un segno positivo che dà fiducia e indica la strada da percorrere con coraggio. Siamo convinti - conclude Bagnasco - che l’Europa debba ritrovare la sua anima, il senso della sua storia e della sua identità, che non può essere né economica, né finanziaria, e neppure solo politica”.
Da www.avvenire.it del 9 marzo 2017
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