da www.avvenire.it del 3 agosto 2013
LO SFOGO DEL PREMIER Letta: «Far cadere il governo sarebbe un delitto»
Quando Enrico Letta, più o meno a ora di pranzo, incontra i gruppi parlamentari di Scelta civica, ha già intuito che Berlusconi e il Pdl hanno scelto la linea della tensione. L’ha capito dai volti dei ministri azzurri del suo governo, incrociati durante il Cdm del mattino. Un Cdm filato liscio come l’olio, forse troppo considerando cosa era accaduto poche ora prima. L’ha capito dallo strano blackout comunicativo con Palazzo Grazioli iniziato, di punto in bianco, venerdì notte.
Così, approfittando della presenza al suo fianco di Mario Monti, vittima dell’ultima escalation elettorale del Cavaliere, fa trapelare per la prima volta in modo serio che l’esecutivo è in pericolo: «Non mi farò logorare, non è nell’interesse del Paese lasciarmi logorare. Da parte mia metterò l’interesse collettivo davanti a tutto, è responsabilità dei partiti fare altrettanto. Se altri hanno priorità diverse…». La frase resta sospesa.
Poche ore dopo, nel fortino di Palazzo Chigi, i suoi toni sono un misto tra paziente attesa, rassegnazione e ironia. «Sto facendo tutto quello che devo fare», dice riferendosi agli sforzi per tener fede al programma di riforme economiche e istituzionali concordati con Napolitano e Berlusconi. Nel merito, dunque, l’affondo del Pdl viene considerato, per quanto possa essere comprensibile politicamente, del tutto spericolato e irresponsabile dal punto di vista delle necessità del Paese. Ma nulla di questi sentimenti deve trapelare all’esterno in modo ufficiale. Almeno non per ora. Fin quando le dimissioni dei parlamentari saranno solo «di carta, e non presentate nelle sedi formali», restano una minaccia vuota, una pistola scarica, una messinscena. Qualora diventassero concrete, invece, il premier ne trarrebbe le conseguenze con il Colle.
D’altra parte sta accadendo, in nuce, tutto ciò che Letta voleva evitare. L’aveva detto chiaro, ad Alfano, appena giovedì: niente Aventino, niente pressioni sul Colle, niente manifestazione dal tono vagamente sovversivo. Finora nulla del genere è realmente accaduto, però il fatto che il Pdl evochi il corpo a corpo con le istituzioni è sufficiente per accendere la spia rossa.
A questo punto, cosa fare? Nulla, se non attendere cosa accadrà domani. Per capire se il Pdl si fermerà sull’uscio della crisi. Per parlare faccia a faccia con Napolitano di rientro dalla vacanza in Val Pusteria. Negli ultimi colloqui telefonici, il capo dello Stato ha rassicurato il premier. Gli ha ricordato i passaggi essenziali del suo discorso d’insediamento, in particolare la possibilità di dimissioni immediate nel caso venga tradito il percorso delle larghe intese e delle riforme faticosamente costruito. E gli ha fatto capire che il voto non è nelle disponibilità di Berlusconi. Anzi. Il Colle ha una forte arma di pressione: la promozione di un esecutivo di scopo per superare il Porcellum. Di fronti a simili scenari, il vuoto istituzionale al Quirinale e/o una maggioranza anti-Porcellum, Napolitano scommette che Berlusconi farà subito marcia indietro.
Forse Letta, ieri, ha pagato anche la nettezza con cui si è allineato alla posizione del segretario Pd Guglielmo Epifani: «Bisogna applicare la legge, su questo tema non ci sono questioni di discrezionalità», dice il premier confermando che il Pd non farà sconti al Senato quando ci sarà da votare la decadenza del Cavaliere. Ma in realtà la sua posizione era nota. Nessuno nel Pdl poteva pensare che il vicesegretario del Pd sfidasse l’impopolarità e mettesse a rischio la sua stessa identità politica per tutelare Berlusconi dai processi.
Insomma, si aspetta. Tutte le parole persuasive che Letta può spendere le indirizza verso un unico messaggio: la stabilità è «fondamentale» per il Paese, è quasi il prerequisito per uscire dalla crisi. Anche la tenuta dello spread in ore così complicate, dice agli alleati di Scelta civica, indica che i mercati apprezzano la netta separazione tra vicende giudiziarie e governo. E la situazione, in autunno, potrà solo migliorare.
Ma Letta non può consentirsi di restare a lungo spettatore delle mosse del Cavaliere. Ha concesso al Pdl altre 24 ore, non di più. Se non avrà rassicurazioni certe nel breve e nel medio periodo, rivestirà i panni che indossava prima. Per giocare la partita nel Pd e della premiership da protagonista. O anche per intestarsi, agli occhi dell’opinione pubblica, il superamento del Porcellum a capo di un eventuale governo di traghettamento. Ma di tutto questo si parlerà, se è il caso, da lunedì mattina.
Marco Iasevoli
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