Ascensione 2013 CHIESA IN CAMMINO
mag 13

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Da www.avvenire.it del 13 maggio 2013

 

 

La Chiesa italiana e l’emergenza lavoro

 ​​Disoccupazione record, lavoro nero, precariato, mancata conciliazione lavoro famiglia, fuga dei cervelli: sono  alcuni dei caratteri dell’emergenza occupazionale che l’Italia patisce e che sono destinati a durare almeno fino al 2020. Per questo il progetto culturale della Cei ha coordinato una ricerca approdata nel volume “Per il lavoro. Rapporto-proposta sulla situazione italiana”, presentato nel pomeriggio a Roma alla presenza del cardinale Camillo Ruini e del segretario generale della Cei mons. Mariano Crociata.

 Intervistato dai Paolo Ondarza di Radio vaticana il sociologo Sergio Belardinelli, tra i curatori dell’opera ha sottolineato come «I tassi di disoccupazione, che sappiamo essere molto alti, la disoccupazione giovanile, inefficienti meccanismi di formazione al lavoro, un mercato del lavoro troppo ingessato: sono tratti di cui si parla da tempo e che sono noti. Non abbiamo parlato abbastanza, in questi anni, della progressiva perdita di senso che il lavoro andava registrando …» I problemi si accavallano: «sono circa due milioni i giovani che nel nostro Paese ormai neanche lo cercano più, un lavoro. La transizione tra scuola e lavoro non funziona. E’ necessario che quando parliamo di giovani e lavoro, ci poniamo il problema della formazione al lavoro: è qualcosa che richiede uno sforzo culturale che forse non abbiamo fatto e che però è arrivato il momento di fare, assolutamente». 

 

La soluzione non può prescindere dal coinvolgimento della piccola-media impresa: «Noi sappiamo - dice ancora Belardinelli - che l’Italia è il Paese della piccola e media impresa: è questo il grande patrimonio di ricchezza economica del Paese. Ci piacerebbe che forse un po’ di più si riflettesse sulle condizioni che hanno reso possibile, nel nostro Paese, lo sviluppo di questo patrimonio, vale a dire sulle energie creative, proprie, del popolo italiano. È qualcosa che più di quanto non si pensi ha a che fare con la cultura italiana, che è una cultura della quale si enfatizza magari il particolarismo, l’egoismo, la furbizia … forse sarebbe ora che incominciassimo anche ad apprezzarne i lati positivi come il gusto del lavoro fatto bene, una tradizione del lavoro incominciata nelle botteghe artigiane del Rinascimento e che nei secoli è arrivata fino a noi». 
Un ruolo importante spetta anche all’educazione, in considerazione del fatto che «il lavoro è un’attività economica ma non è solo un’attività economica: è un’attività nella quale davvero si gioca il destino delle persone e delle comunità. Per questo, persone e comunità debbono investire con realismo su questo, su una formazione al lavoro che sia all’altezza del tempo nel quale siamo. Noi non possiamo giustificare il fatto che in un momento di crisi come quello che viviamo ci siano centinaia di migliaia di giovani che non sono disposti a fare alcuni lavori che stanno diventando una prerogativa esclusiva degli immigrati. Noi abbiamo bisogno di educare i nostri giovani anche a farsi carico di qualche sacrificio. Ci sono momenti in cui bisogna sacrificare alcune legittime aspirazioni e prendere il lavoro che ci viene offerto». 

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