Pomeriggio di grande festa al Salone del Millenario RASSEGNA STAMPA 22 dicembre 2012
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20121220-focolarini«A quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,12).

Ecco la grande novità annunciata e donata da Gesù all’umanità: la figliolanza di Dio, diventare figli di Dio per grazia.

Ma come e a chi viene donata questa grazia? «A quanti lo accolsero» e a quanti lo accoglieranno nel corso dei secoli. Occorre accoglierlo nella fede e nell’amore, credendo in Gesù come nostro Salvatore.

Ma cerchiamo di capire più in profondità cosa significhi essere figli di Dio.

Basta guardare a Gesù, il Figlio di Dio, e al suo rapporto con il Padre: Gesù pregava il Padre suo come nel “Padre nostro”. Per lui il Padre era “Abbà“, cioè il babbo, il papà, cui egli si rivolgeva con accenti di infinita confidenza e di sterminato amore.

Ma, giacché era venuto in terra per noi, non gli è bastato essere lui in questa condizione privilegiata. Morendo per noi, redimendoci, ci ha fatti figli di Dio, sorelle e fratelli suoi, e ha dato anche a noi, tramite lo Spirito Santo, la possibilità di essere introdotti nel seno della Trinità. Cosicché anche a noi è stata resa possibile quella sua divina invocazione: «Abbà, Padre!»[2]: “papà, babbo mio”, nostro, con tutto ciò che essa comporta: certezza della sua protezione, sicurezza, abbandono al suo amore, consolazioni divine, forza, ardore; ardore che nasce in cuore a chi è certo di essere amato.

«A quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio».

Ciò che ci fa uno con Cristo e con lui figli nel Figlio è il battesimo e la vita di grazia che ci viene da esso.

In questo passo del Vangelo c’è, inoltre, una parola che svela pure il dinamismo profondo di questa “figliolanza” da realizzare giorno dopo giorno. Occorre, infatti, «diventare figli di Dio».

Si diventa, si cresce come figli di Dio, con la nostra corrispondenza al suo dono, vivendo la sua volontà che è tutta concentrata nel comandamento dell’amore: amore verso Dio e amore verso i prossimi.

Accogliere Gesù significa, infatti, riconoscerlo in tutti i nostri prossimi. E anch’essi potranno avere la possibilità di riconoscere Gesù e credere in lui se nel nostro amore per loro scorgeranno un tratto, una scintilla dell’amore sconfinato del Padre.

«A quanti l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio».

In questo mese, in cui ricordiamo specialmente la nascita di Gesù su questa terra, cerchiamo di accoglierci reciprocamente, vedendo e servendo Cristo stesso gli uni negli altri.

E allora una reciprocità di amore, di conoscenza di vita come quella che lega il Figlio al Padre nello Spirito, si instaurerà anche fra noi e il Padre, e sentiremo affiorare sempre di nuovo sulle nostre labbra l’invocazione di Gesù: «Abbà, Padre».

Chiara Lubich

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