Sabato 10 novembre si è tenuto al Centro Don Orione di Montebello della Battaglia il 41° Convegno dal titolo “Il Concilio dimenticato“, organizzato dal Movimento Cristiano Lavoratori di Pavia con l’obiettivo di riportare l’attenzione su un Concilio discusso e controverso, che ha creato conflittualità nella Chiesa ma che ha aperto una nuova speranza per tutto il popolo cristiano. Nel suo cinquantesimo anniversario, vale infatti la pena di riportarlo alla luce e di riscoprire l’attualità dei temi che il Concilio Vaticano II ha trattato, riflettendo su un cambiamento che non si è realmente ancora realizzato.
Sono presenti molti soci e affezionati del MCL Pavia e dei Circoli di Garlasco e Voghera. Invitati ad animare il confronto sono Don Roberto Beretta, Docente del Seminario Vescovile di Pavia, Antonio Airò, giornalista e Direttore del Giornale di Voghera, e Giovanni Gut, Dirigente nazionale Mcl.
Don Roberto analizza il periodo conciliare non da testimone ma da studioso: il Concilio rappresenta un momento di rottura e “riaccende la speranza” attribuendo un ruolo nuovo al laicato. Il laicato acquisisce per la prima volta nella storia della dottrina cattolica una posizione di rilievo; per la prima volta si afferma nella Chiesa la comune uguaglianza di tutti i battezzati e viene abbandonata l’importanza e la superiorità di Papa e Vescovi. Rivoluzionaria è anche la nuova concezione del Mondo, non più visto negativamente come luogo del pericolo ma come lo spazio in cui si realizzano le opere dello Spirito; la sofferenza, inoltre, è una condizione vicina a Dio. La Chiesa passa dall’essere arroccata e distante dal mondo ad una simpatia, condivisione e vicinanza al mondo. Si proclama l’autonomia delle realtà terrene e dei laici; se i sacerdoti sono la luce e la forza spirituale, ai laici spettano le attività temporali. Nelle prospettive aperte dal Concilio c’è quella di una riduzione delle distanze tra laici e gerarchia e tra le competenze del laicato figura proprio quella di far sentire la propria voce alla gerarchia ecclesiale. Quel che viviamo è invece ancora una distanza forte tra le due parti, una mancanza di dialogo e di confronto, un mancato ascolto del mondo e di coloro che rappresentano il mondo. Tuttavia, se l’evangelizzazione si fa più di vita in vita che di bocca in bocca - cioè con la testimonianza nella famiglia, nel lavoro, negli affetti, etc - allora la nuova evangelizzazione è primariamente compito dei laici: Don Roberto ci ricorda quanto il Concilio offra ancora oggi le coordinate fondamentali per l’evangelizzazione del mondo.
Segue l’intervento di Antonio Airò, giornalista che ha vissuto in prima persona - e in prima linea sul piano professionale - gli anni del Concilio. Racconta di come fosse un tempo di grande speranza e diffusa partecipazione, un momento dove la Chiesa-fortezza si introduceva ad un’apertura. Il Concilio non cambia le cose ma recupera la dimensione profetica di una Chiesa povera e “dei poveri” in una società che volge al benessere. Oggi la povertà è all’ordine del giorno e sotto questo aspetto il Concilio agisce come una profezia. A tutti i laici la dottrina conciliare chiede di “pensare politicamente”; come si dice nella lettera a Diogneto del II secolo d.C., i cristiani dimorano nel mondo pur essendo cittadini del cielo, sono quindi chiamati ad essere nel mondo senza essere del mondo. La politica deve diventare qualcosa che anima, qualcosa di diverso dai partiti, di più alto, e il cristiano che opera nella storia deve impegnarsi a fare politica da cristiano e non in quanto cristiano. Airò spiega di non rimpiangere, per l’Italia attuale, un partito cattolico; quel che manca è invece il fatto che i cattolici pensino polticamente. Spetta ai laici animare la società, tenendo conto che la società non è più formalmente cattolica. Serve capire fino in fondo la parabola del padrone che manda i figli nella vigna, una storia in cui non vi è condanna dei primi né esaltazione dei secondi; c’è solo l’attesa. Così i cristiani devono avere pazienza di attendere, di far maturare i tempi, la stessa pazienza di Dio. Devono saper leggere i segni dei tempi, e nell’accettare che altri possano leggerli diversamente, devono saper dialogare.
Giovanni Gut, giovane dirigente nazionale del Movimento, traccia infine un filo che collega il valore del Concilio alla realtà che viviamo oggi. Racconta dell’esperienza avviata con il Movimento nazionale sul tema del lavoro per i giovani, una situazione drammatica di cui molti ragazzi cadono vittima: è facile scivolare nella disperazione, e il dato sui “né-né” (giovani inattivi, che non studiano né lavorano) lo evidenzia. Il fatto di non avere alcuna possibilità di mettersi in gioco annichilisce, mentre guarisce l’opportunità di vedere se stessi all’opera. La sperimentazione di cui parla si chiama “Pronto Lavoro” e per adesso è partita nelle sedi Mcl più radicate. Si tratta di un servizio informativo sul mondo del lavoro che aiuta in difficoltà che possono sembrare banali ma che sono in realtà rilevanti. Ciò per cui si differenzia dalle agenzie di lavoro e di intermediazione lavorativa è l’approccio che i volontari impiegati nel progetto utilizzano: tutti adeguatamente formati, sono orientati anzitutto all’incontro con i giovani e con la loro storia, sono disposti all’ascolto. La novità è la personalizzazione del servizio, che cerca di portare non soltanto strumenti operativi ma una speranza. Citando il Papa e le sue parole di apertura dell’anno della Fede, Giovanni ci ricorda che l’attitudine al fare - vedere un bisogno e dare una risposta - rischia di diventare alienante; non ci vengono richieste né possiamo confezionare ricette, possiamo solo essere testimoni. Ad esempio, testimoni di un modo diverso di affrontare la crisi. Questo è un tempo dissestato, ma non una maledizione, e come cristiani possiamo concorrere alla costruzione di un ordine più giusto essendone il lievito. San Benedetto si è fatto promotore di una rivoluzione partendo solo dalla sua vocazione, non era nei suoi programmi quello di costruire una nuova società ma attraverso un lavoro quotidiano e umile questo è stato la naturale conseguenza. Mons. Crepaldi ci dice che Cristo non salva “me” ma salva la realtà, salva la società, il mondo.
Seguono le presentazioni di due progetti del MCL provinciale: la Scuola di Cittadinanza e Partecipazione in programma per il 2013 (la scuola è promossa dall’Ufficio Sociale e del Lavoro della Diocesi di Pavia; il Mcl Pavia partecipa tra gli enti promotori insieme ad una rete di gruppi e associazioni) e il progetto di cooperazione internazionale Remida II ideato e realizzato dal CEFA e portato a partire dal 2012 anche nella nostra Provincia (collaborano al progetto le sedi di Pavia, Garlasco e Voghera). Il Convegno si chiude con un dibattito sulla tematica proposta, a cui molti partecipano con domande e interventi.
Rosella Tambornini
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