da www.avvenire.it del 2 novembre 2012
I GESTI DELLA FEDE
Spettacolarizzata e talvolta ostentata in modo morboso. O più spesso dissimulata, nascosta, rimossa. La morte fa paura e disturba, specialmente in una società come la nostra che va alla ricerca dell’elisir dell’eterna giovinezza e prova a sbarazzarsi in tutti i modi del senso del limite. Eppure proprio il cogliersi limitati e fragili è il primo passo per arrivare alla consapevolezza che la vita è dono e in quanto tale non va trattenuta per sé. In questo passaggio, poi, s’innesta il messaggio del Risorto, che non nega il dolore della morte ma porta la vita di Dio dentro all’esperienza più negativa per l’uomo. E nel messaggio che da secoli la Chiesa va diffondendo la morte non è qualcosa che annulla l’esistenza ma piuttosto il passaggio che la porta a compimento. Pure nel nostro tempo, in un contesto sociale e culturale in continuo cambiamento, la Chiesa è chiamata a far percepire la dimensione comunitaria anche nella morte.
Proprio oggi, giorno che la liturgia dedica alla commemorazione dei fedeli defunti, nel nostro Paese entra ufficialmente in vigore la seconda edizione italiana del Rito delle esequie che aggiorna quella del 1974. Se da un lato la pubblicazione si pone nel solco dell’impegno delle Chiese che sono in Italia nell’applicazione della riforma liturgica conciliare, dall’altra risponde ad esigenze e situazioni nuove. Così, a costituire la novità più significativa del testo è certamente l’appendice dedicata alle esequie in caso di cremazione che si articola in tre capitoli («Nel luogo della cremazione», «Monizioni e preghiere per la celebrazione esequiale dopo la cremazione in presenza dell’urna cineraria», «Preghiere per la deposizione dell’urna»). C’è poi nel nuovo Rito un maggiore coinvolgimento della famiglia e una valorizzazione della dimensione comunitaria. Nel testo, che presenta una corposa appendice musicale rivista e ampliata, è stato aggiunto infatti il paragrafo riguardante «la visita alla famiglia del defunto» che non compariva né nell’edizione del 1974 né in quella latina del 1969.
Sempre per evitare il rischio di indulgere a una privatizzazione intimistica di un rito che dovrebbe coinvolgere l’intera comunità, dalla nuova versione del Rito è stato eliminato il capitolo riguardante le «esequie nella casa del defunto». É stato invece rivisto il capitolo dedicato alla «preghiera alla chiusura della bara» e si è provveduto ad arricchire sia la sezione contenente le esortazioni al momento del commiato che a fornire un ventaglio più ampio di proposte per la preghiera dei fedeli. Da oggi dunque le celebrazioni dei funerali seguiranno le indicazioni pastorali del nuovo Rito delle esequie che, con i suoi numerosi adattamenti testuali e rituali, vuole aiutare l’uomo di oggi a scorgere nel dramma della morte la speranza cristiana della vita eterna. E a ritrovare il senso del vivere guardando ai «Novissimi», cioè alle realtà ultime - di cui si parla ancora troppo poco - che sono la Morte, il Giudizio, l’Inferno e il Paradiso.
Stefania Careddu
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