Il 3 ottobre all’Istituto Veritatis splendor di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e il direttore del nostro giornale presentano il volume Le chiese dei santi patroni (Bologna, Fmr-Art’è, 2012, pagine 480, “Italia della fede”, I). Pubblichiamo stralci dell’introduzione al volume scritta dall’arcivescovo ausiliare emerito di Bologna.
Giovanni Paolo II, nella Lettera Apostolica Dies Domini (1998), colloca la “festa cristiana” al centro del mistero del tempo, in quanto è innestata sull’evento originario e centrale della fede: la risurrezione di Cristo, avvenuta “il primo giorno della settimana” (Giovanni, 20, 1). Pertanto, fin dalle origini, la Chiesa celebra la Domenica come “festa primordiale”, fondamento e nucleo di tutto l’anno liturgico che pervade l’anno solare e, mediante i sacramenti, rende Cristo nostro contemporaneo. Ne consegue che le articolazioni del tempo si sono caricate di un peso salvifico e i valori autentici espressi nella vita non vengono dispersi, ma recuperati e introdotti nell’eternità (cfr. Hans Urs von Balthasar, Il tutto nel frammento, Milano, Jaka Book, 1970, pp. 34-35). Così, la Pasqua settimanale, di domenica in domenica, diventa l’”asse portante della storia” (cfr. Dies Domini, n. 2). Le feste dei santi patroni sono esplicitazioni di questo dinamismo pasquale, vissuto in eventi particolari, che rischiarano il mistero del tempo nel contesto concreto della vita sociale, dove trova applicazione il principio divino-umano. Infatti, in Gesù Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio che in se stesso è eterno (cfr. Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n. 10). Con l’incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo, lo aiuta a conoscere il mistero di se stesso e lo conduce a scoprire la sua altissima vocazione (Gaudium et spes, n. 22): amare Dio e il prossimo, dentro le alterne vicende della vita quotidiana, sempre alle prese con mille contraddizioni, perciò bisognosa di protezione dall’alto.
I santi sono in grado di soddisfare questo bisogno, perché nella loro vita hanno imitato Cristo, rispondendo alla vocazione di tutti i battezzati alla santità, mediante la testimonianza dell’amore incondizionato verso Dio e il prossimo (cfr. Lumen gentium, n. 40). Anche loro come Cristo hanno congiunto il tempo con l’eternità, perché, in stretta unione con lui, hanno vissuto in modo perfetto le virtù della fede, della speranza e della carità, fino a uscire dai confini del tempo e raggiungere la sua “pienezza”, cioè l’eternità (cfr. Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n. 9). Come membri della Corte Celeste e protagonisti attivi nell’eterno dinamismo trinitario, i santi sono in grado di intercedere per noi, ancora pellegrini nel tempo, ma chiamati a seguirne le orme.
Ernesto Vecchi
(©L’Osservatore Romano 1-2 ottobre 2012)
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