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20120818-clini-e-passerada www.avvenire.it del 18 agosto 2012

LAVORO E SALUTE

Quando la città apprende le cose dette e decise dai ministri Clini e Passera, intervenuti a Taranto sulla questione Ilva, ha avuto subito la sensazione che quelle stesse cose, maturate nel corso di una lunga serie incontri con la proprietà dello stabilimento che produce ferro e veleno, con la Confindustria pugliese e le istituzioni locali, potevano essere proposte non da questo, ma da altri governi che lo hanno preceduto, e nemmeno oggi, ma almeno una quindicina di anni fa. Solo se fosse prevalsa la ragionevolezza. Che pare emerga ora da affermazioni del genere: «L’azienda è venuta con una serie di impegni anche superiori alle aspettative», dice il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, che aggiunge: «Tutto quanto indicato è stato fatto proprio dall’azienda con un piano finanziato e con scandenze». O traspare da quanto l’Ilva assicura: «Noi abbiamo salutato con favore l’iniziativa del ministro Clini di aprire subito il tavolo a Roma per la nuova procedura Aia». Taranto però è troppo scottata per farsi illusioni. Questa nuova Aia, secondo il ministro Clini, «recepisce le prescrizioni del gip fatta eccezione quelle sulla fermata degli impianti, le disposizioni Ue in merito alle tecnologie, le indicazioni della Regione Puglia e tiene conto delle decisioni del Tar in merito alla prima Aia 2011».

Che l’azienda Ilva accetti, finalmente, una nuova autorizzazione è un traguardo, e i tarantini dubitano che questo nastro poteva essere tagliato senza la decisione draconiana del gip Todisco. «È la prima volta - aggiunge Clini - che questa grande impresa italiana cerca di lavorare con un approccio europeo: le amministrazioni pubbliche individuano le tecnologie e negoziano con l’impresa la fattibilità dell’impiego in relazione alla compatibilità economica. L’indicazione delle migliori tecnologie, sulla base dell’approccio europeo, non è considerata come misura ambientale ma è finalizzata ad aggiornare le tecnologie di produzione avendo in mente l’obiettivo dell’aumento di competitività». È esattamente quanto avviene in Europa e nel resto del mondo, non da oggi.

Noi cominciamo. Lo dice anche il ministro: «In questo contesto abbiamo cominciato a lavorare e la risposta dell’Ilva è positiva. Ci ha comunicato l’adesione a questo impegno ma anche l’impegno di investire 146 milioni in interventi finalizzati alla riduzione delle emissioni nei punti più critici».
Secondo il presidente della Puglia, Nichi Vendola, il governo «deve fare uno sforzo supplementare e mettere in campo più risorse per il risanamento e la riqualificazione di Taranto» sottolineando che però «il ruolo decisivo spetta all’Ilva» e il piano presentato oggi dall’azienda è solo un «primo inizio».
Altre strade non ce ne sono. La chiusura dell’Ilva sarebbe una tragedia nazionale. Avrebbe per Passera un effetto clamoroso sulla nostra economia perché fornisce il 40 per cento dell’acciaio necessario. Da qui la necessità di non assecondare scelte irrimediabili, come sarebbero quelle per via giudiziaria. «Si convinca la magistratura - esorta Passera - ad aiutare il processo di amodernamento dell’Ilva in modo tale che l’azienda sia totalmente in linea con le regole, ma che questo non porti alla chiusura dello stabilimento. Lavorando tutti sull’Aia e facendo riconoscere il lavoro che sarà fatto, anche la magistratura potrà prendere meglio le sue decisioni sul futuro. Sul passato è un altro discorso». Pare una richiesta di tregua. Di notte il cielo sulle ciminiere dell’Ilva si arrossa sempre, e Taranto ieri commentava un’affermazione di Passera: «Ci sono costi sulla salute che hanno gravato sulla città, ma anche grossi miglioramenti fatti grazie ad investimenti e a norme che l’amministrazione regionale ha introdotto». Per il ministro, tuttavia, «non c’è una chiara evidenza di causalità diretta tra le emissioni attuali e le conseguenze ambientali». La tregua pare segnata anche da un’affermazione di Clini che ha sentito telefonicamente il procuratore della Repubblica di Taranto, Sebastio, col quale c’è una piena convergenza. Il ricorso alla Consulta su un conflitto d’attribuzione? Il ministro pare accantonarlo: «Questa ipotesi è stata ventilata come ultima soluzione nel caso in cui non riuscissimo a evitare l’impasse che si stava creando e che io spero sia in fase di superamento».

Giovanni Ruggiero

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