Da www.avvenire.it del 9 agosto 2012
LA FESTIVITA’
Una statua a Bad Neustadt, cittadina della Baviera, inaugurata domenica scorsa. Una Messa celebrata oggi nel campo di sterminio di Birkenau, in Polonia, a cui prenderà parte in rappresentanza della Conferenza episcopale tedesca monsignor Karl-Heinz Wiesemann, vescovo di Speyer. Un film che viene girato in queste settimane nell’Abbazia di Kremsmünster, in Austria, dal regista americano Joshua Sinclair. Si segnalano in diversi Paesi le iniziative per ricordare il transito al cielo di Teresa Benedetta della Croce, ovvero Edith Stein, santa e copatrona d’Europa, avvenuto il 9 agosto di 70 anni fa ad Auschwitz.
Nata nel 1891 da una famiglia ebrea a Breslavia, capitale della Slesia prussiana, la Stein fu un intelletto precocissimo e brillante. Abbandonata a 14 anni la fede dei padri per un ateismo giovanile e vagamente ribelle, datasi alla ricerca speculativa, diventò allieva e assistente di uno dei filosofi più influenti della prima metà del ‘900, Edmund Husserl, il fondatore della scuola fenomenologica. «Fu una fenomenologa ben nota in Germania e all’estero per le sue ricerche e le sue conferenze, tanto che entrata nel Carmelo di Colonia le fu concesso un permesso particolare per continuare i suoi studi e le sue pubblicazioni», commenta suor Cristiana Dobner, del monastero di Concenedo, vicino a Lecco. Anche lei come la Stein un talento per la cultura, letteraria soprattutto, che in gioventù ha scelto la via del Carmelo.
«Tutta la vita di Edith Stein - continua suor Cristiana - da ragazza ebrea non credente fino al giorno in cui incontrò Gesù Cristo durante la lettura dell’autobiografia di Teresa di Gesù, fu animata e sorretta da un solo desiderio: la ricerca della verità. Fra le persone con cui veniva in contatto con rapporti sempre franchi e sinceri, con le idee filosofiche che veniva conoscendo, con l’anelito a condurre una vita di cui il senso le sfuggiva: una vita a zig zag, con un filo conduttore però preciso che mai venne meno: “Tutta la mia ricerca della verità era una sola preghiera”».
Nel 1921, dopo un percorso di avvicinamento al cristianesimo, avvenne per la Stein la conversione repentina. Leggendo appunto l’autobiografia di santa Teresa d’Avila, trovata in casa di amici, durante una notte insonne. «Quando sperimentò l’incontro, persona a Persona, con Gesù Cristo - continua suor Cristiana - tutto risplendette, non avrebbe potuto avere altra strada che quella tracciata da Teresa e così condividere la sua storia con delle sorelle interamente dedicate alla vita contemplativa». E difatti nel 1933, quando l’espulsione da tutti i ranghi di insegnamento per gli ebrei non fu più una minaccia ma una tragica realtà, Edith Stein, allora docente all’Istituto di pedagogia scientifica di Münster, poté realizzare la sua chiamata ed entrare in convento. Una vita religiosa segnata fin dall’inizio dalla percezione del suo destino sacrificale. «Durante una preghiera dinanzi all’Eucaristia - ricorda sempre suor Cristiana - Edith aveva compreso che la sofferenza che si stava abbattendo sul “suo” popolo Israele, per lei si stava configurando come la Croce da portare e divenne così Teresa Benedetta della Croce». Il suo ordine la trasferì per motivi di sicurezza nel convento di Echt, nei Paesi Bassi. Ma quando il 20 luglio 1942 in tutte le Chiese olandesi venne letta una lettera pastorale in cui i vescovi denunciavano la deportazione degli ebrei, la reazione nazista fu spietata: 300 religiosi di origine ebraica furono deportati nei campi di concentramento. Tra loro Edith e la sorella Rosa, anche lei convertitasi e fattasi suora carmelitana.
La geniale collaboratrice di Husserl, che pure ha fatto in tempo a scrivere alcuni lavori filosofici di pregio, ha lasciato la sua opera forse più importante, considerata il suo testamento spirituale, in un commento a san Giovanni della Croce dal titolo Scientia Crucis. «Una scienza della Croce - chiosa suor Cristiana - non è teoria ma incarnazione. Giovanni Paolo II riconobbe in Edith Stein “l’espressione di un pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del Continente europeo” e la proclamò patrona d’Europa per “la grande sfida di costruire una cultura e un’etica dell’unità“». (Andrea Galli)
DAL ‘99 E’ COMPATRONA ASSIEME A CATERINA DA SIENA E BRIGIDA
dith Stein è dal 1° ottobre 1999 compatrona d’Europa. La nominò Giovanni Paolo II insieme a santa Caterina da Siena e santa Brigida di Svezia, completando al femminile quello aveva fatto nel 1980 con Cirillo e Metodio, evangelizzatori del mondo slavo, affiancati a san Benedetto da Norcia. Fu lo stesso papa Wojtyla, in una lettera apostolica pubblicata in occasione della proclamazione delle tre nuove compatrone, a spiegare i motivi che lo avevano indotto a una simile scelta, giunta significativamente alla vigilia del Giubileo del 2000 e mentre si stava celebrando il secondo Sinodo Europeo. Si tratta, scrisse, di «tre grandi sante, tre donne, che in diverse epoche - due nel cuore del Medioevo e una nel nostro secolo - si sono segnalate per l’amore operoso alla Chiesa di Cristo e la testimonianza resa alla sua Croce». La loro santità, aggiunse il Pontefice, «si espresse in circostanze storiche e nel contesto di ambiti “geografici” che le rendono particolarmente significative per il Continente europeo. Santa Brigida - faceva notare Giovanni Paolo II - rinvia all’estremo Nord dell’Europa, dove il Continente quasi si raccoglie in unità con le altre parti del mondo, e donde ella partì per fare di Roma il suo approdo. Caterina da Siena è altrettanto nota per il ruolo che svolse in un tempo in cui il Successore di Pietro risiedeva ad Avignone, portando a compimento un’opera spirituale già iniziata da Brigida col farsi promotrice del suo ritorno alla sua sede propria presso la tomba del Principe degli Apostoli. Teresa Benedetta della Croce, infine, recentemente canonizzata, non solo trascorse la propria esistenza in diversi paesi d’Europa, ma con tutta la sua vita di pensatrice, di mistica, di martire, gettò come un ponte tra le sue radici ebraiche e l’adesione a Cristo, muovendosi con sicuro intuito nel dialogo col pensiero filosofico contemporaneo e, infine, gridando col martirio le ragioni di Dio e dell’uomo nell’immane vergogna della “shoah”». Edith Stein, concludeva il Papa, «è divenuta così l’espressione di un pellegrinaggio umano, culturale e religioso, che incarna il nucleo profondo della tragedia e delle speranze del Continente europeo». (Mimmo Muolo)
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