da www.avvenire.it del 27 giugno 2012
Pirlo, l’anti tedesco
Dite 33, gli anni di Andrea Pirlo: salute. Mai stato così in palla, forse neppure nel “miglior decennio” della sua vita di play-maker dal tocco magico, al Milan. Contro l’Inghilterra dopo il 150° accarezzamento con lancio al millimetro, ha mandato in tilt anche le agenzie di rilevamento dati statistici. Anche il magnate Abramovich che da un lustro almeno prova a portarlo - «a qualsiasi cifra», disse ad Ancelotti allora manager dei Blues - alla sua corte, al Chelsea, avvistato all’Olimpiyskiy Stadion di Kiev si mangiava le mani per il Pirlo perduto.
Lui, l’Andrea, nonostante la cascata di complimenti ricevuti da mezzo mondo «quelli dei colleghi sono sempre graditi», batte appena il ciglio destro. Sembra sempre che sonnecchi, ma è desto il vicecapitano degli azzurri che tutta Europa c’invidia, a cominciare dai tedeschi che gli dedicano la copertina del prossimo “Die Zeit”. È luomo che fa la differenza, la certezza - con Buffon e De Rossi - in questa Nazionale di potenziali saranno campioni. «Non abbiamo fatto ancora niente, perché siamo venuti qui per vincere l’Europeo», è il ruggito dell’agnello, degno prosecutore, per affinità geniali, del “coniglio bagnato” Roberto Baggio.
Un monito del genere l’aveva lanciato subito dopo la vittoria con l’Inghilterra. Il silente Andrea che parla in proporzione ai passaggi sbagliati, quindi quasi zero, crede fortemente in questa Nazionale e soprattutto nel suo reparto, il centrocampo, specializzato, dal 2006, in grandi imprese. «Siamo 4-5 centrocampisti che non hanno nulla di meno degli spagnoli che sono giustamente considerati i migliori. Io da Pallone d’Oro? Non penso proprio… Finchè giocheranno Messi e Ronaldo che segnano 70 gol l’anno non c’è gara».
Anche con la Germania di Loew, almeno sulla carta, non ci sarebbe gara, ma ecco che arriva un altro ruggito dell’agnello Andrea. «Loro hanno il vantaggio di due giorni in più di riposo e forse la Uefa dovrebbe ripensare un po’ alle regole perché sarebbe giusto giocarsela alla pari, almeno sul piano delle energie fisiche da spendere. Comunque recupereremo le forze e sono sicuro che ce la giocheremo fino in fondo questa semifinale. La Germania, al di là del fatto che la tradizione è dalla nostra parte, ci teme, sa che possiamo rendergli la vita molto difficile».
La tradizione canta Azzurro: 14 vittorie - due semifinali (1970 e 2006) e una finale (1982) ai Mondiali - contro i tedeschi che ci hanno battuto solo 7 volte. Però in casa Germania, dal ct fino al bomber della Lazio Miroslav Klose questa volta sono convinti della loro superiorità: «Questa volta andrà diversamente…», dicono.
Pirlo sonnecchia mentre gli riferiscono il pensiero della scuola di Francoforte: «Fossi la Germania - osserva - mi preoccuperei che la storia non si ripeta. State attenti a non ricadere in quel che successe nel 2006…». C’era anche lui in quel 2-0 a Dortmund. E suo, ovviamente, fu l’assist per il gol di Grosso.
Pirlo di questa Germania teme solo le giocate del collega Ozil: «È il fulcro della nazionale tedesca, così come lo è nel Real Madrid». Per Pirlo il fulcro della nostra Nazionale invece è Gigi Buffon: «Gigi da sicurezza a tutta la squadra, specie ai più giovani. Prima dei rigori è stato fondamentale il suo discorso a noi che siamo andati al dischetto. Ci ha detto di stare tranquilli che sarebbe andato tutto bene. Così è stato…».
Dopo aver brevettato la punizione ad “ascensore” che rimarrà nella storia dei grandi inventori del calcio, Pirlo con l’Inghilterra ha deciso di mandare agli annali anche il suo “cucchiaio” dagli 11 metri. «L’ho calciato così in un attimo di follia? No, è che il portiere Hart si sentiva talmente sicuro e spavaldo che ho pensato di abbassargli le ali». Aver segnato il rigore con gesto “tottiano” è servito a scoraggiare gli inglesi. Domani sera a Varsavia, per sfiduciare i tedeschi davanti all’Europa, servirebbe un altro colpo del genio Pirlo, per prendere l’ascensore che porta alla finalissima di Kiev.
Massimiliano Castellani
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