LA DIFESA DELLA VITA RADICI CRISTIANE
apr 13

20120209-tiburio-150x1501Mons. Beniamino TARTARA e “il suo S. Giovanni”

Era il 3 giugno del 1979 quando alle ore 0,30 concludeva la sua vita terrena, al Ricovero di Castelnuovo Scrivia, Mons. Beniamino Tartara,  Rettore della Chiesa di San Giovanni e Canonico del Duomo in Voghera; per tutti “don Beniamino”, uomo di cultura e intelligenza, grande predicatore.

Ricordo, bambino, la predica alla Messa domenicale delle ore 9; riuscivo a seguirla, trasportato dal suo entusiasmo. Di grande personalità, schietto, burbero all’apparenza, ma uomo generoso di grande cuore.

Nonostante la sua povertà, aiutava tutti; nessuno mai è uscito a mani vuote dalla sua sacrestia. Orgoglioso del “suo San Giovanni”, di cui per cinquanta anni e più fu Rettore, ha speso tutti i suoi beni per renderlo bello e adeguato il più possibile alla liturgia rinnovata. Era sovente in giro per l’Italia, richiesto dal Nord al Sud, alla Sardegna, a predicare le S. Quarantore o le Sante Missioni. Quando tornava, stanco ma contento, raccontava con entusiasmo quello che aveva fatto. Non chiedeva nulla di ricompensa, rispondendo semplicemente: “Quello che faccio è per il Signore e la Madonna” di cui era devoto.

Il giorno che ricevette la nomina di Monsignore, lo vidi gioioso anche se voleva far vedere indifferenza; dietro quella scorza dura, nei suoi occhi un velo di commozione. Era la festa dell’Ascensione quando si vide per la prima volta in Duomo alla Santa Messa solenne con la veste rossa da Monsignore (”quella nera bordata - diceva - è feriale; quella rossa per le solennità“).

Sovente predicava in Duomo il mese mariano e a giugno quello del Sacro Cuore; e con quanto zelo si prodigava, contento della numerosa partecipazione dei fedeli.

Penso alle funzioni nella ricorrenza dei vari santi che onorava con solennità: San Mauro, San Fermo, Santa Rita, San Giovanni Battista. Nella festa della Madonna di Loreto, invitava sempre a predicare Mons. Carlo Angeleri, Vescovo ausiliare, compagno di scuola e amico.

Non mancava ogni giorno la passeggiata fino a Campoferro, leggendo il breviario o recitando il rosario. Al ritorno si fermava dai Padri Barnabiti, incontrando gli amici Padre Colciago e Padre Battaini. Sapendo delle sue lunghe camminate, da loro era chiamato amichevolmente “don Beniamino, professione podista”.

Nelle sere d’estate tornava con me a sedersi sulle panchine dietro all’Istituto a prendere un po’ di fresco dallo Staffora.

Quando le forze cominciavano a diminuire, non potendo più arrivare ai Barnabiti, andava all’Oratorio dai Canossiani, dove faceva coppia fissa con Padre Gaetano, guardando giocare i giovani e commentando  gli eventi quotidiani.

Altro amico fedele fu Ambrogio Casati, che sovente veniva a trovarlo. Si discuteva di arte sacra (per anni Don Beniamino fu membro della Commissione Diocesana di Arte Sacra) e si progettava l’adeguamento dell’Oratorio di San Giovanni alle direttive della riforma liturgica.

Quando purtroppo la salute ha cominciato a fermarlo, per lui è stato un momento di ulteriore sofferenza, accettata però con serenità.

Tutti i giorni il suo ritiro era in sacrestia, dove lo si trovava dopo la celebrazione della Santa Messa.

E li aspettava sempre chiunque andasse a fargli visita, per fare quattro chiacchiere. Le visite assicurate erano di Don Emilio Villani, parroco di Sant’Antonino, suo carissimo amico che passava immancabilmente al martedì e venerdì, scendendo a Voghera per il mercato; e tutti i giorni l’Arciprete Mons. Boveri.

In lui si vedeva la gioia dal come li riceveva.

Quando le condizioni di salute andarono gravemente peggiorando, e la sua fedelissima domestica Carolina non era più in grado di assolvere all’assistenza in quanto anziana anche lei, si dovette allontanarlo dal “suo San Giovanni”, con grande difficoltà e sua sofferenza.

Nel settembre del 1978 fu portato all’ospedale di Stradella, dove venne assistito dai nipoti, residenti in Broni. A ottobre venne trasferito a Castelnuovo Scrivia.

Il sottoscritto con Mons. Boveri più volte alla settimana andavamo a trovarlo. Per lui era una gioia. La sera del 2 giugno, avvisati dai nipoti, corremmo al suo capezzale dove trovammo anche Mons. Libero Meriggi, Vicario Generale.

Insieme a don Beniamino, ancora cosciente, abbiamo recitato il Padre Nostro. Per sollevarlo, gli feci intendere che lo portavamo a casa, e ho visto sul suo volto una lacrima insieme a un sorriso, come per dire “Finalmente torno a San Giovanni”.

Il giorno del funerale, celebrato in Duomo dal Vescovo Mons. Luigi Bongianino, c’era molta gente e tanti sacerdoti, a dirgli ancora una volta grazie per quello che ci ha dato.

Franco Perricone

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