IL BANCARIO
Quando ha iniziato la sua attività lavorativa e con quale formazione scolastica?
Ho iniziato a lavorare nel 1972 all’età di ventidue anni, appena terminato il servizio militare e dopo aver frequentato la scuola di ragioneria presso l’Istituto Tecnico Baratta di Voghera e, successivamente, un corso di specializzazione bancaria organizzato dalla Camera di Commercio di Pavia.
E’ stato facile, terminati gli studi ed il servizio militare, trovare una banca, una ditta o un Ente per essere assunto?
Non facile, ma comunque il mio obiettivo era quello di entrare in banca in quanto all’epoca facevano diverse assunzioni a tempo indeterminato. Ho partecipato a 3 concorsi indetti da 3 grandi banche (Istituto Bancario San Paolo di Torino, Credito Italiano di Milano e Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde di Milano) ed infine la scelta è ricaduta sulla banca che per prima poteva assumermi e che mi offriva più opportunità di lavorare in provincia, avendo io una certa avversione per le metropoli.
Qual è stata la sua prima sede di lavoro?
Sono stato assunto presso una agenzia di Milano ed ho fatto il pendolare per sette anni. La banca riteneva che, oltre al diploma ed al corso di specializzazione, fosse necessario un periodo di “gavetta” su una piazza finanziaria importante per completare la preparazione al lavoro sia che si venisse assegnati ad una direzione centrale o ad una filiale o agenzia. Effettivamente il diploma di quegli anni cominciava a dequalificarsi per le conseguenze del 1968 e per chi non si poteva permettere l’accesso all’Università era importante avere una buona preparazione di base.
E, successivamente, quali sono state le sue sedi di lavoro?
Dopo due esperienze in Milano città, sono arrivato in provincia di Pavia, dove ho lavorato in una decina di filiali, piccole, medie e grandi, anche nelle province limitrofe. Mi è sempre piaciuto conoscere realtà nuove, colleghi e clienti con caratteristiche diverse, che mi hanno permesso di accrescere la mia preparazione e conoscenza specifica del settore.
Come avvenivano questi trasferimenti fra filiali?
Normalmente all’inizio della carriera era il dipendente che richiedeva al Servizio del Personale una determinata sede di lavoro. Ma era anche l’azienda che in base alle conoscenze via via maturate richiedeva al dipendente il trasferimento. Ovviamente la disponibilità ai trasferimenti veniva a volte ricompensata con passaggio di grado al livello superiore e conseguenti miglioramenti economici al fine di compensare le maggiori spese di viaggio e/o trasferte. Quando poi si trattava di andare a ricoprire posti di responsabilità e/o direzione di filiali, venivano indetti dalla banca dei concorsi (per titoli ed esami) ai quali potevano partecipare i dipendenti con pari grado o di grado immediatamente inferiore.
Cosa ricorda del suo lavoro svolto nei primi anni di attività?
Penso subito che la banca di allora era molto diversa dall’odierna. L’orario di lavoro settimanale era all’incirca come l’attuale, ma l’ingresso del pubblico avveniva solo al mattino, mentre il pomeriggio era dedicato al lavoro interno. Le operazioni si svolgevano manualmente o con l’ausilio di macchine calcolatrici od elettro-contabili e non era ancora arrivata l’era dei computer. Mi ricordo di essere stato stupito dalla quantità di persone che quotidianamente entravano in filiale. Ed entravano per svolgere operazioni bancarie semplici, di versamento o di prelievo, su c/c o libretti di risparmio. Per esempio, il cliente che doveva effettuare versamenti o prelievi su un libretto di risparmio (libero o vincolato) si rivolgeva prima allo sportello dedicato dove veniva scritta l’operazione, che poi veniva inoltrata alla contabilità (e veniva registrata sulla relativa scheda) e si concludeva infine allo sportello cassa. Ovviamente il cliente faceva una doppia fila e spesso le attese erano notevoli. A fine giornata la filiale inoltrava una copia delle operazioni svolte al Centro Elettronico, che periodicamente ritornava alla filiale i tabulati di riscontro ed i relativi conteggi degli interessi. Insomma, le operazioni erano quasi totalmente manuali, richiedevano tanto tempo per l’esecuzione, ed era necessario prestare la massima attenzione, pena commettere errori. Altra cosa che ricordo dell’epoca era la quantità di denaro contante che circolava, nonostante l’elevato numero di assegni che veniva negoziata. Ricordo che gli stipendi dei dipendenti e le pensioni erano riscossi principalmente in contanti come pure in contanti erano regolate le transazioni commerciali di piccolo importo.
Ha citato il denaro contante: per associazione d’idea penso alle rapine. Cosa ricorda in proposito?
E’ vero. Negli anni ’70/80 il rischio rapina era molto elevato. Io ebbi la fortuna di non subirne, ma conosco colleghi che ne uscirono traumatizzati. Le aziende di credito cercarono di cautelarsi adottando vari sistemi di sicurezza, stipulando polizze assicurative e successivamente sia con la diffusione capillare dei bancomat sia con la moneta elettronica (es. carte di credito e debito), invogliando i clienti privati e le ditte ad utilizzare sempre meno il denaro contante e sempre di più i canali interbancari.
Quando avvenne il passaggio ai computer?
Nella mia banca si iniziò il processo nel 1975, a Milano, e successivamente venne esteso a tutte le filiali per concludersi nel 1978. Fu una vera rivoluzione nel mondo del lavoro. Indubbiamente i benefici furono molti, sia per noi dipendenti che per i clienti in generale. Anche grazie all’avvento del computer è stato possibile l’apertura degli sportelli al pomeriggio, in quanto le operazioni di chiusura della contabilità si sono velocizzate enormemente.
Fu una vera rivoluzione?
Sì, veramente. Quando entrai in banca tutte le operazioni transitavano dal cassiere; con l’avvento del computer le operazioni sono state organizzate per singoli comparti. La tipologia delle operazioni che venivano svolte dalle filiali all’inizio degli anni ’70 era molto limitata e grazie ai nuovi strumenti di lavoro è stato possibile incrementare gradualmente nuovi servizi. Pensiamo all’introduzione degli sportelli automatici di prelievo e versamento, ai servizi di cassa e tesoreria enti, all’home banking, al pagamento delle utenze e delle imposte, alle compra-vendite di titoli sui mercati internazionali, ai servizi finanziari, all’operatività estera, ai servizi di cassa e tesoreria enti, al credito al consumo, ai mutui, alle procedure web, ecc. ecc.. L’operatività fu regolata dalla legge bancaria del 1936 fino al 1993, anno in cui entrò in vigore il Testo Unico Bancario col Decreto Legislativo 1° settembre 1993 n. 385 che liberalizzò fortemente il settore e instaurò nuovi organi di vigilanza oltre alla Banca d’Italia.
E degli anni ottanta e novanta cosa ci può dire in merito alle sue esperienze professionali?
A metà degli anni ottanta ricordo con piacere l’esperienza nel settore del credito agrario in una sede provinciale. All’epoca non tutte le banche potevano operare nel campo specifico. Le banche che potevano operare nel credito agrario comunicavano le operazioni ad uno schedario regionale dal quale si attingevano le informazioni creditizie, era una specie di Centrale Rischi Bankitalia. Ricordo le mie visite presso le maggiori aziende agricole per dimensione e per tipologia di produzione. E’ stata un’esperienza ricca di soddisfazioni personali e di conoscenze nel campo agro alimentare.
Gli anni novanta furono gli anni in cui profusi il maggior impegno in considerazione dei vari ruoli ricoperti con l’avanzamento della carriera. Ricordo con piacere il ruolo di responsabilità avuta in alcune filiali, dove i rapporti con i colleghi e clienti sono stati di notevole arricchimento professionale e umano. Nel frattempo la banca ha sviluppato maggiormente rispetto al passato il settore degli “impieghi”, dove ho dovuto impegnarmi soprattutto nella concessione del credito alle imprese.
E degli ultimi anni lavorativi cosa ricorda?
Con l’introduzione della nuova moneta Euro nel 2002 avvenne il cambio delle vecchie monete e banconote in lire. Non avrei mai immaginato, se non avessi toccato con mano, che esistesse presso le famiglie una simile quantità di denaro contante. Soprattutto le persone anziane tenevano nel “materasso” somme di denaro oltre al normale fabbisogno. In proposito, voglio ricordare ai lettori che le vecchie lire si potranno cambiare presso le filiali della Banca d’Italia fino al 29 febbraio 2012.
Nell’ultimo decennio abbiamo poi assistito a forti mutamenti anche nel settore bancario. A seguito di fusioni ed incorporazioni (al fine di ottenere economie di scala) cambiò l’organizzazione del lavoro. Anche la filiale si è strutturata per essere più vicina al cliente creando operatori specializzati per fasce di clientela.
Dal punto di vista professionale ricordo tante cose degli ultimi anni della mia attività, proprio perché sono ricordi recenti. Posso solo citare, per non essere troppo prolisso, l’esperienza di lavoro presso una Direzione Centrale. Le filiali ed i colleghi sono diventati i miei clienti “interni”, con i quali ho condiviso le varie problematiche quotidiane sempre nell’interesse dell’azienda e dei clienti finali.
Commenti recenti