Il mondo in lutto: è morto papa Francesco
Mimmo Muolo - da www.avvenire.it - lunedì 21 aprile 2025
Le condizioni del Pontefice precipitate all’improvviso. Ieri si era affacciato per la benedizione Urbi et orbi. Traslazione della salma in Basilica forse mercoledì
La notizia che nessuno avrebbe voluto sentire è arrivata. Papa Francesco è tornato alla casa del Padre dopo un Pontificato di 12 anni (li ha completati il 13 marzo scorso). A dare il triste annuncio è stato stamane Sua Eminenza, il camerlengo cardinal Farrell, con queste parole: «Carissimi fratelli e sorelle, con profondo dolore devo annunciare la morte di nostro Santo Padre Francesco. Alle ore 7:35 di questa mattina il Vescovo di Roma, Francesco, è tornato alla casa del Padre. La sua vita tutta intera è stata dedicata al servizio del Signore e della Sua chiesa. Ci ha insegnato a vivere i valori del Vangelo con fedeltà, coraggio ed amore universale, in modo particolare a favore dei più poveri e emarginati. Con immensa gratitudine per il suo esempio di vero discepolo del Signore Gesù, raccomandiamo l’anima di Papa Francesco all’infinito amore misericordioso di Dio Uno e Trino».
Questa sera, lunedì 21 aprile, alle ore 20, proprio Farrell presiederà il rito della constatazione della morte e della deposizione della salma nella bara. Prenderanno parte al rito il decano del Collegio Cardinalizio, cardiinale Giovanni Battista Re, i familiari del Romano Pontefice, il direttore e il vice direttore della Direzione di Sanità e Igiene dello Stato della Città del Vaticano, che si troveranno per le ore 19.45 nella Cappella della Domus Sanctæ Marthæ.
Rispondendo poi alle domande dei giornalisti, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha comunicato che «la traslazione della salma del Santo Padre nella Basilica Vaticana per l’omaggio di tutti i fedeli potrebbe avvenire mercoledì mattina, 23 aprile 2025, secondo le modalità che verranno stabilite e comunicate domani, a seguito della prima Congregazione dei Cardinali». E i cardinali fisseranno, secondo le regole della Universi Dominici Gregis, che regola sede vacante e il conclave, la data dei funerali da tenersi tra il quarto e il sesto giorno dalla morte. Cioè tra venerdì 25 e domenica 27. Intanto oggi vengono apposti i sigilli sia all’appartamento papale di Casa Santa Marta, sia a quello nel Palazzo Apostolico.
Inoltre è stato comunicato che la celebrazione eucaristica e il rito della canonizzazione del beato Carlo Acutis, prevista il 27 aprile 2025, II domenica di Pasqua o della Divina Misericordia, in occasione del Giubileo degli Adolescenti, è sospesa. Le celebrazioni giubilari invece continueranno. Il Papa si trovava dal 28 marzo in convalescenza a Casa Santa Marta, dopo il lungo ricovero al Gemelli, 38 giorni, per le complicanze dovute alla polmonite bilaterale emersa dopo la Tac del 18 febbraio scorso. Ieri si era affacciato dalla Loggia di San Pietro per la benedizione Urbi et Orbi. E nulla lasciava presagire una conclusione così imminente del Pontificato. Francesco non aveva letto personalmente il testo, ma aveva augurato con voce leggermente rauca «Buona Pasqua», annunciando che il Messaggio sarebbe stato letto dal maestro delle cerimonie liturgiche pontificie, l’arcivescovo Diego Ravelli. Come in effetti è avvenuto.
Il Pontefice era rimasto sulla loggia per tutto il tempo della lettura del testo. Quindi alla fine, dopo l’annuncio dell’indulgenza plenaria per quanti hanno assistito di persona o tramite i media, dato dal protodiacono cardinale Mamberti, ha benedetto la folla presente, cresciuta fino a 50mila persone, pronunciando la formula in latino. La benedizione è stata accolta con un prolungato applauso e grida di “Viva il Papa”. E il Papa aveva voluto ricambiare l’affetto con un giro in papamobile tra i fedeli. Il primo dopo oltre due mesi. Un gesto straordinario che ha acceso l’entusiasmo dei fedeli. Francesco è uscito dall’Arco delle Campane, ha percorso i corridoi tra i vari settori e si è spinto fino a quasi metà di via della Conciliazione, tra due ali di gente. Spesso la Papamobile si è fermata per permettere al Pontefice di benedire e accarezzare alcuni bambini. Immagini straordinarie e commoventi, che rimarranno anche le ultime in pubblico del Pontefice argentino.
Quindi Francesco, alle 12.55 aveva fatto ritorno a Casa Santa Marta, riattraversando l’Arco delle Campane. Significativo anche l’incontro con il vicepresidente Usa Jd Vance, alle 11.30 nella sua residenza.
La cronistoria del ricovero
Il mondo, che adesso attonito, ha appreso la notizia, aveva trepidato per la sua salute durante il ricovero al Gemelli, in cui era stato per due volte molto vicino alla morte. Era un giorno di febbraio apparentemente come gli altri. Moderatamente freddo, quasi uggioso. Il calendario segnava il 14, San Valentino, con tutta la sua retorica commerciale sugli innamorati. Ma adesso sappiamo che fu una di quelle giornate che non passeranno via come l’acqua sotto i ponti. Perché intorno alle 12,00 dalla Sala Stampa della Santa Sede arriva una notizia che fa scolorire tutto il resto: «Il Papa si ricovera al Gemelli».
Inizia così, in un venerdì non ancora di Quaresima, una via crucis che durerà 38 giorni e che terrà con il fiato sospeso il mondo. Perché, e lo si comprende fin da quel primo annuncio, vista l’età di Francesco (88 anni) e la cronicità delle sue difficoltà bronchiali e polmonari, la notizia del ricovero non è affatto buona.
In realtà, i primi due o tre giorni di degenza erano trascorsi anche abbastanza “tranquilli” e il 19 febbraio il Papa aveva ricevuto la premier italiana Giorgia Meloni, unica visita di un personaggio estraneo al mondo vaticano di tutto il ricovero. Tuttavia, il ripetersi nei bollettini quotidiani della formula «condizioni stazionarie» non faceva presagire nulla di buono. Le cure, dunque, non hanno effetto? E quanto tempo ci vorrà perché lo abbiano? L’insorgenza poi di una «lieve insufficienza renale», segnalata qualche tempo dopo, acuiva quel senso di disagio e di preoccupazione, tanto che quei giorni tutta la Chiesa ha cominciato a pregare insistentemente per la salute del Santo Padre. Il primo Rosario serale in piazza san Pietro risale al 24 febbraio e fu guidato dal segretario di Stato, Pietro Parolin, per definizione il primo collaboratore del Papa. Dunque, segnale massimo di allerta per le sue condizioni di salute.
Ma l’altalena aveva appena cominciato a oscillare. E l’emblema delle sue oscillazioni sempre più ampie è forse quella del 21 e 22 febbraio. Si sapeva già dell’infezione polimicrobica diagnosticata subito al Pontefice e poi della polmonite bilaterale evidenziata dalla Tac del 18 febbraio. Ma giungevano se non rassicuranti, quanto meno non allarmanti le parole del professor Sergio Alfieri, nel primo incontro con i giornalisti del 21 febbraio, che diceva testualmente: «Il Papa non è in pericolo immediato di vita, ma non è ancora fuori pericolo». Il giorno dopo, infatti, arrivava la prima doccia fredda. Ed era palpabile non solo dal testo del bollettino medico, ma anche dall’atteggiamento preoccupato con cui il direttore della Sala Stampa vaticana, Matteo Bruni, si rivolse quella sera ai giornalisti. Francesco aveva avuto nel corso della giornata una prolungata crisi asmatica che aveva richiesto l’uso dell’ossigeno. Al Papa inoltre veniva riscontrata una carenza di piastrine nel sangue con annessa anemia, per cui si era resa necessaria una copiosa trasfusione. Per la prima volta i medici del Gemelli mettevano nero su bianco che la prognosi è riservata.
Sembrava davvero l’inizio di un percorso dall’esito incerto. E questo faceva intensificare la preghiera. Al Gemelli, in particolare, ai piedi della statua di san Giovanni Paolo II sul piazzale di ingresso, i fedeli si fermavano a pregare, depositando biglietti, lumini, omaggi floreali, in un commovente crescendo di affetto per il Pontefice malato. Ma la preghiera coinvolgeva tutto il mondo e il suo epicentro era il Rosario serale di piazza San Pietro, che proseguirà ininterrottamente fino al giorno della dimissione del Papa dal Gemelli, con la sola eccezione della settimana degli esercizi spirituali della Curia Romana, dal 9 al 14 marzo (seguiti dal Papa in diretta streaming dalla sua stanza), quando la preghiera mariana venne recitata di pomeriggio nell’Aula “Paolo VI”.
Intanto l’altalena della salute di Francesco continuava ad andare su e giù. E come se non fossero bastate le preoccupazioni dettate dai bollettini quotidiani, in cui si parlava sempre di «condizioni critiche», cominciava anche la “litania” delle fake news, che davano il Papa già morto o in fin di vita e parlavano di conclave imminente. Nella migliore delle ipotesi, poi, l’imminenza era per le dimissioni del Pontefice, sulla scia di quanto fece nel 2013 Benedetto XVI.
Seguirono giorni tesi. E di attesa. E il 28 febbraio si verificò l’emergenza più grave, che - come verrà detto esplicitamente solo dopo il ritorno a casa - porta di fatto papa Francesco a passo dalla morte. Il bollettino emesso dai medici riferisce quella sera che “una crisi isolata di broncospasmo” ha determinato “un episodio di vomito con inalazione e repentino peggioramento del quadro respiratorio”. Si è resa dunque necessaria la broncoaspirazione e la “ventilazione meccanica non invasiva (la mascherina naso e bocca, ndr), con una buona risposta sugli scambi gassosi.
Quando, però, il peggio sembra ormai passato, ecco che il 3 marzo si verificano “due episodi di insufficienza respiratoria acuta, causati da importante accumulo di muco endobronchiale e conseguente broncospasmo”. In questo caso vengono eseguite “due broncoscopie con necessità di aspirazione di abbondanti secrezioni”.
Ricomincia dunque a crescere la preoccupazione, ma questa si rivelerà per fortuna anche l’ultima crisi durante il ricovero in ospedale. Nei giorni seguenti rientra l’insufficienza reale e il quadro comincia a stabilizzarsi. Possiamo dire, dunque, che il 3 marzo è stato davvero il giorno della svolta. Evidentemente da quel momento in poi le terapie hanno preso il sopravvento sull’infezione, innescando così un effetto domino positivo sulle condizioni generali del Papa.
Il 5 marzo Francesco riceve le Ceneri, durante il rito nella cappella del suo appartamento al Gemelli, e il 6 marzo fa diffondere un breve audio di 27 secondi in spagnolo durante il Rosario della sera a piazza San Pietro, per ringraziare delle preghiere per la sua salute. La voce è parecchio affaticata e ciò desta non poco allarme, ma fonti mediche fanno notare che chi si sottopone all’ossigenoterapia di solito non riesce a parlare normalmente.
Infatti, a conferma di un quadro clinico in positiva evoluzione, il 10 marzo giunge la notizia che i medici hanno sciolto la prognosi, senza però sbilanciarsi sulla durata ulteriore della degenza.
Da allora in poi le condizioni del Papa sono sempre definite «stabili» o «in lieve miglioramento». Lo confermano anche le radiografie dell’11 marzo. Vengono diradati i bollettini medici (da una frequenza quotidiana si passa a due giorni e poi anche a tre o quattro). E il 16 marzo, verso sera, arriva a sorpresa la prima e unica fotografia di Francesco dal momento del ricovero. La diffonde la Sala Stampa vaticana e appare subito come un ulteriore segnale di progresso. Il Papa è ritratto di tre quarti, in carrozzina, nella cappella del suo appartamento al decimo piano del Gemelli, mentre guarda assorto il tabernacolo. Indossa un camice bianco e una stola viola, colore liturgico della Quaresima. La smentita definitiva per le fake news.
Ma passerà ancora una settimana prima del ritorno a Casa Santa Marta. Il giorno decisivo è il 22 marzo, quando con un preavviso di due ore i giornalisti vengono convocati per un nuovo incontro con i sanitari del Gemelli. Dal primo briefing è trascorso giusto un mese e si ha subito la percezione di notizie importanti. Arriva infatti quella più bella. Francesco potrà tornare a Casa Santa Marta all’indomani. Viene anche specificato che è guarito dalla polmonite bilaterale, che non ha mai avuto il Covid, che non è mai stato intubato e che anche nei momenti peggiori è rimasto vigile. Ma dovrà osservare due mesi di convalescenza, evitando udienze e celebrazioni con tanta gente, per non prendere nuovi germi. E soprattutto dovrà riposare.
Domenica 23 marzo gli occhi del mondo sono fissi sul balconcino del Gemelli, dove poco dopo mezzogiorno il Pontefice fa la sua comparsa, seduto in carrozzina. È un’emozione fortissima anche per noi giornalisti. Papa Bergoglio saluta, benedice, mostra il pollice in segno di ottimismo. Poi pronuncia poche ma significative parole di ringraziamento e indica una signora con i fiori gialli, che conosce benissimo perché spesso è presente alle sue udienze. Si chiama Carmelina, è di Reggio Calabria e si occupa dei bisognosi.
È il penultimo atto della degenza. L’ultimo è l’uscita dal Policlinico a bordo della consueta Fiat 500 bianca. Ma mentre tutti si aspettano che Francesco punti su Casa Santa Marta, lui chiede e ottiene di andare a Santa Maria Maggiore, per donare i fiori di Carmelina alla Salus Populi Romani, l’icona mariana visitata più di cento volte nei dodici anni di Pontificato e accanto alla quale ha già disposto di voler riposare quando il Signore lo chiamerà a sé. Un gesto, quella visita a sorpresa, che farà da prologo anche alle altre uscite del Papa durante la convalescenza.
Le immagini della convalescenza
I primi 14 giorni di convalescenza il Papa li trascorre a Casa Santa Marta, senza contatti con l’esterno, come gli hanno raccomandato i medici. Ma domenica 6 aprile esce per la prima volta e saluta i fedeli in piazza san Pietro per il Giubileo del mondo della sanità. Appena qualche parola, anche se si saprà poi che egli stesso ha varcato la porta santa con gli ammalati e si è confessato come un normale pellegrino. Il 13 aprile, Domenica delle Palme il Papa fa il bis. Ancora una volta raggiunge in carrozzina la Piazza e saluta i fedeli. In precedenza, il 9 aprile aveva ricevuto a Casa Santa Marta il Re Carlo d’Inghilterra e la Regina Camilla e viene distribuita una foto dell’incontro. Il Pontefice, viene fatto sapere, riesce a stare senza ossigeno per periodi sempre più lunghi. E il 10 aprile si mostra in Basilica senza veste bianca, indossando solo un poncho e i pantaloni neri. Il giorno successivo il Papa si reca nuovamente a Santa Maria Maggiore e porta un omaggio floreale alla Salus Populi Romani, l’icona verso la quale è sempre stato devoto, al punto che già da tempo aveva espresso il desiderio di essere sepolto nella Cappella Paolina, a poca distanza dal dipinto che secondo la tradizione sarebbe stato dipinto dall’evangelista Luca.
Comincia la Settimana Santa. Il Papa va al carcere di Regina Coeli per incontrare i detenuti, come era solito fare nel Giovedì Santo per la lavanda dei piedi. Non può effettuarla, ma lascia ai carcerati tutto il suo affetto. Poi, uscendo dice ai giornalisti: «Vivrò la Pasqua come potrò». Prepara le meditazioni per la Via Crucis del Colosseo del Venerdì Santo, in cui parla di «un mondo a pezzi», in preda ad algoritmi logiche disumane a ancora una volta invita a guardare all’esempio di Gesù che si sacrifica per tutti. Prepara anche l’omelia della Veglia di Pasqua, della Messa del giorno di Pasqua e il messaggio Urbi et Orbi. Nel primo pomeriggio del Sabato Santo va a pregare brevemente in Basilica. E nella domenica di Pasqua fa la sua ultima apparizione in pubblico. Come aveva preannunciato ha vissuto la Pasqua come ha potuto. Adesso vivrà la Pasqua eterna con il Signore che ha sempre servito nella sua vita terrena.
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