Roma Intervista
apr 09

Il ritorno in Ucraina dei bimbi rapiti. Ma non sorridono più

Nello Scavo, inviato a Odessa mercoledì 9 aprile 2025 da www.avvenire.it

Viaggio tra i piccoli sequestrati e trasferiti forzatamente in Russia. Molti oggi vengono rimpatriati anche grazie alla missione voluta dal Papa. Domani colloqui Usa-Mosca a Istanbul

Ivan aveva ha smesso di parlare. A 4 anni e con un fucile puntato sulla mamma, lo spavento lo ha reso muto. Figlio di un militare ucraino, stava per essere separato dalla madre. Come Andrii, 7 anni, e sua sorella Mia, 12: spediti in un orfanotrofio russo erano già destinati all’adozione. Da alcuni giorni sono liberi e con loro un numero insperato di altri: 1.269.

Solo due anni fa sembrava una missione impossibile. Ma dopo l’emissione del mandato di cattura della Corte penale internazionale per Vladimir Putin e la sua commissaria per l’Infanzia, Maria Lova Belova, alcune serrature sono state aperte. Nel 2024 nella sola regione di Kherson sono rientrati 449 minorenni. E il 2025 è cominciato con una serie di altri salvataggi. I dati ufficiali arrivano dalle autorità ucraine che hanno beneficiato del lavoro silenzioso e ostinato di chi, incurante delle critiche, persegue un solo scopo: ritrovare i bambini e riportarli indietro. Proprio grazie alle missioni diplomatiche internazionali, a cominciare da quella voluta da papa Francesco, il monoblocco russo ha iniziato ad essere scalfito, fino ad aprire complessi canali negoziali. Un lavoro cominciato, contro ogni speranza e tra molte critiche, dall’inviato del Papa, il cardinale Matteo Zuppi. Pressione e dialogo con la Russia che ha permesso di incrinare la rigidità delle autorità moscovite, più aperte ai richiami della “diplomazia umanitaria” su due temi chiave: lo scambio dei prigionieri e il ritorno dei bambini ucraini.

A febbraio la sola “Save Ukraine”, organizzazione guidata da Mykola Kuleba, già referente per i diritti dell’Infanzia del governo di Kiev, ha riportato indietro 41 bambini. Altri 70 da gennaio li ha recuperati “Bring kids back”, l’iniziativa promossa dalla presidenza ucraina. Almeno un paio di volte alla settimana si svolgono missioni nelle zone occupate dai russi, dove i minori vengono presi in consegna dagli operatori delle organizzazioni umanitarie. «La Russia non solo sta privando i bambini ucraini della loro libertà, ma sta anche cercando di cancellare la loro identità, trasformandoli in ostaggio delle sue politiche», ripete Mykola Kuleba.

I rilasci dei minori confermano la sistematicità dei trasferimenti forzati. Secondo Kiev i minorenni trasferiti illegalmente sono 19.546, un numero che comprende anche casi da chiarire, come quei minori trasferiti insieme a qualche familiare in Russia ma dei quali non si sa quanto il trasferimento sia stato sotto costrizione e quanto volontario. Di certo, grazie anche a una rete di informatori locali, le organizzazioni votate a queste missioni continuano a ricevere decine di segnalazioni. Il timore è che un crescente numero di minorenni possa essere trasferito nella Russia profonda, a migliaia di chilometri dall’Ucraina. A marzo il presidente americano Donald Trump ha tagliato i fondi per il dipartimento dell’Università di Yale che aveva permesso di ricostruire con precisione lo schema della deportazione, individuando centinaia di bambini e identificando diversi funzionari pubblici coinvolti nell’operazione illegale. Gruppi di ragazzi sono stati segnalati in Cecenia, dove vengono “rieducati” dai corpi speciali del dittatore Kadyrov. Una fonte a conoscenza del programma di tracciamento dei bambini allontanati ha spiegato all’agenzia Reuters che «la cancellazione del contratto del Dipartimento di Stato con Yale ha portato alla cancellazione di 26 milioni di dollari di prove di crimini di guerra, il che aiuterebbe a proteggere Putin».

Nel corso delle missioni di recupero, gli operatori spesso si imbattono in storie difficili da gestire. Come quella di Angela Danilovych, madre di cinque figli. Era stata registrata come «migrante» nonostante fosse rimasta a casa sua, nell’Ucraina occupata. A tre anni dall’occupazione si è rifiutata di prendere un passaporto russo. Gli ufficiali di Mosca l’hanno avvertita che se non avesse mandato i suoi tre figli più grandi alla scuola russa avrebbero preso misure contro di lei. Non avendo altra scelta, ha lasciato tutti i suoi averi per salvare i suoi figli dalla russificazione forzata. Insieme ai bambini è stata intercettata da “Save Ukraine” e portata nelle aree liberate. Ci sono bambini che anche quando vengono finalmente rimpatriati non riescono a sorridere. Sasha nel 2022 aveva 8 anni. Ha visto i soldati russi uccidere la madre sotto i suoi occhi nei primi mesi di guerra. A quel punto stava per essere inviato in un orfanotrofio per prepararlo all’adozione, ma una parente è riuscita a mettersi in contatto con la rete umanitaria per l’infanzia. Nel corso delle tappe di avvicinamento al territorio ucraino le autorità di occupazione hanno modificato più volte le regole per l’espatrio, facendo temere agli operatori umanitari di non riuscire a condurre il bambino fuori dai territori occupati. «Dopo un lungo e difficile viaggio, Sasha è finalmente al sicuro nel territorio controllato dall’Ucraina. Ora è alla ricerca di una famiglia amorevole che possa garantirgli cure e supporto adeguati», spiegano da “Bring Kids Back”.

Non tutte sono storie a lieto fine. Erik, 16 anni, e Alla, 10 anni, hanno raccontato come la loro sorella Kseniia sia stata rapita dalle forze armate russe mentre cercava di fuggire dalla città occupata in cui abitavano. È stata tenuta in uno scantinato per diversi giorni, mentre la madre veniva costretta a registrare un video in cui ringraziava la Russia per aver «salvato» sua figlia. Ma di Kseniia si sono perse le tracce. Intanto, domani a Istanbul, si rivedranno (ospiti di Erdogan) le delegazioni russa e americana per tentare di uscire dal pantano in cui si trovano le trattative per la tregua.

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