Trasparenza sull’export di armi, la legge è a rischio: «Si vuole la guerra»
Luca Liverani - da www.avvenire.it - giovedì 6 febbraio 2025
Riparte oggi alla Camera dopo il sì del Senato l’iter del ddl del Governo di modifica alle norme. Allarme della Campagna: no ad aiuti alle lobby belliche. Pd, Avs e M5s: così aumentano i conflitti
Comincia oggi alla Camera il secondo tempo - o forse il secondo round - della riforma della legge 185/90. Le commissioni riunite Esteri e Difesa aprono l’esame, in sede referente, del disegno di legge del governo, già approvato ad aprile al Senato, che rischia di mandare al tappeto una legge, nata 35 anni fa grazie alla mobilitazione dei missionari e della società civile, che regolamenta le esportazioni delle armi prodotte in Italia. E proprio i movimenti per la pace e i diritti rilanciano l’allarme per il rischio concreto di un sostanziale svuotamento della norma.
La 190 nasce per mettere sotto il controllo del Parlamento l’export bellico italiano. Legge all’avanguardia, ispirerà molti anni più tardi sia la Posizione Comune UE sull’export di armi sia il Trattato ATT (Arms Trade Treaty) delle Nazioni Unite. Tutto però rischia di finire, avvertono le Ong, per le pressioni dell’industria bellica italiana. Un comparto che comunque - nonostante la 185 - da anni registra fatturati in crescita. Lo spirito della legge, che il governo vuole rendere “inoffensiva”, è sempre stato quello di non alimentare conflitti e instabilità geopolitica, evitando di armare dittatori e governi autoritari. Garantendo al contempo trasparenza sul concorso delle banche all’export.
Ora la campagna “Basta favori ai mercanti di armi” rilancia l’allarme sul rischio di «uno svuotamento della norma e delle sue prerogative più preziose. La situazione peggiorerebbe - avvertono le ong - in particolare sulla questione degli intrecci tra finanza e produzione di armamenti». Nonostante parziali aggiramenti - come ad esempio una decina di anni fa per la vendita di bombe e missili della Rwm Italia alla Coalizione saudita in guerra con lo Yemen - «è indubbio il grande ruolo di trasparenza che ha avuto - sostiene la campagna in difesa della 185 - permettendo a Parlamento e società civile di conoscere i dettagli di un mercato spesso altamente opaco».
«È falso», afferma la Campagna, che la 185 ponga eccessivi controlli sull’esportazione, visto il buon andamento delle esportazioni militari. E soprattutto, «non è vero che si favorirà una maggiore sicurezza per l’Italia in un momento di crisi internazionale. Al contrario - spiega Francesco Vignarca di Rete italiana pace e disarmo - facilitare la vendita di armi nelle aree più conflittuali aumenterà l’insicurezza globale, per un facile profitto di pochi».
Per Rete pace e disarmo infatti, tra i promotori della Campagna, «questa modifica della 185/90 parte da lontano: da anni la lobby dell’industria militare e i centri di ricerca e di pressione chiedono a gran voce di poter praticamente liberalizzare l’export di armi». A chi fa affari vendendo strumenti di morte, insomma, «non piace che ci sia trasparenza e controllo anche da parte della società civile, oltre che allineamento con principi che non considerano solo i fatturati».
I gruppi di minoranza in Parlamento sono pronti a fare opposizione dura. Per Laura Boldrini, presidente dem del Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, «la 185 ha fatto scuola in Europa perché mette l’industria delle armi al servizio di una politica estera di pace e di tutela dei diritti umani. Ora - dice - la maggioranza vuole smantellarla eliminando principi come la trasparenza nelle transazioni bancarie, negando così il diritto dei cittadini di sapere se la propria banca investe in armi». La riforma poi, ricorda ancora Boldrini, «vuole negare la possibilità che le ong possano segnalare al costituendo Comitato interministeriale quali paesi violano i diritti umani, a cui quindi non si possono vendere armi. Ci batteremo per impedire l’ennesimo favore alle lobby dei fabbricanti di armi».
«Viviamo in un’epoca - sottolinea Lia Quartapelle del Pd - in cui ci sono sempre più guerre e il commercio di armi è sempre più al centro del dibattito pubblico». Quindi, «se non vogliamo un mondo ancora più pericoloso, non è il momento di ridurre la trasparenza e il controllo sul commercio di armi».
Concorda il verde Angelo Bonelli: «Questa riforma si piega al volere dei mercanti delle armi del comparto bellico italiano, il cui fatturato è cresciuto dell’86% negli ultimi cinque anni. Si vuole un mercato selvaggio. Il Governo - ricorda - decide di aumentare le spese militari fino al 2% del Pil dall’1,6% del 2023. Già l’Italia è tra i primi 15 paesi al mondo per spese militari. Aumenta la povertà, ma le spese per armamenti raggiungono i 2.443 miliardi di dollari. Il risultato non potrà che essere un mondo più insicuro e pericoloso».
Per il segretario di SI Nicola Fratoianni «l’allarme è sacrosanto. L’obiettivo del ddl del governo è la demolizione dei principi di una delle migliori leggi, anche se da tempo parzialmente disapplicata. Come Avs sulla produzione e vendita di armi abbiamo costruito in questi anni un profilo identitario. Faccio appello a tutte le forze di opposizione, ma serve una grande mobilitazione civile. La spesa militare esplode, in nome della sicurezza. E produce solo aumento delle guerre».
«Continuiamo ad assistere ad una pericolosa corsa agli armamenti - sottolinea Riccardo Ricciardi del M5s - che soffia sul fuoco delle tensioni globali e mira ad arricchire i mercanti d’armi che giovano da queste instabilità. Per quel che ci riguarda - assicura - continueremo a contrastare senza sosta l’attacco del governo alla legge 185 sull’export sulle armi».
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