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Essere cristiani è un dramma: i 13 luoghi peggiori al mondo

Lucia Capuzzi  - da www.avvenire.it - mercoledì 15 gennaio 2025

Rispetto all’anno precedente, l’Ong Porte aperte/Open doors ha registrato un ulteriore aumento di 15 milioni di casi. Raggiungendo un cifra record di persecuzioni che riguarda 380 milioni di persone

Mai così tanti. Il numero dei cristiani perseguitati nel pianeta è cresciuto ancora tra il primo ottobre 2023 e il 30 settembre scorso e ha raggiunto l’assurda cifra di 380 milioni. Quindici milioni in più dell’anno precedenteIl record in oltre tre decenni di ricerche compiute da Porte aperte/Open doors. In pratica un fedele su sette subisce discriminazioni, abusi, minacce, violenze a causa della propria fede. In Africa - il Continente con i maggiori valori assoluti - sono uno su cinque. Addirittura migliaia vengono uccisi: ben 4.476, in media dodici al giorno, altri 3.775 sono stati sequestrati. «Non solo i massacri e i rapimenti ma le oltre 7.600 chiese, cliniche e scuole cristiane attaccate o chiuse - sottolinea Cristian Nani, direttore di Porte aperte/Open doors -, le oltre 28mila case o attività economiche saccheggiate o distrutte, costringono alla fuga famiglie e intere comunità cristiane, dando vita a esodi inumani e a una Chiesa profuga che grida aiuto». Il fenomeno è diffuso a macchia di leopardo nel mappamondo. Sono tredici, però, i luoghi più pericolosi del mondo per essere cristiani. Dove cioè il livello di intolleranza raggiunge il livello estremo. In cima alla classifica c’è sempre la “solita” Corea del Nord che obbliga i battezzati a vivere il proprio credo in assoluta segretezza: tra i 50 e i 70mila sono rinchiusi nei campi di lavoro forzato. Seguono Somalia, Yemen, Libia e Sudan nei quali la persecuzione è intimamente legata al conflitto. Poi l’Eritrea - scesa al sesto posto non per un calo del fenomeno bensì per l’aumento negli altri Stati - e la Nigeria, la nazione con più vittime cristiane: 3.100. Pakistan e Iran sono stabili in ottava e decima posizione. L’Afghanistan dei taleban è decimo. Dopo l’uccisione di tanti fedeli, gli ex studenti coranici credono di avere eliminato la “minaccia”.

La clandestinità estrema a cui sono costretti quanti sono sopravvissuti ha fatto allentare la presa ai fondamentalisti i quali considerano il cristianesimo debellato. In India - undicesima nell’elenco - prosegue il declino dei diritti e delle libertà fondamentali. Nel periodo considerato, sono stati assassinati almeno venti cristiani, 459 chiese sono state distrutte, oltre duemila sono detenuti senza processo. Qualche spiraglio positivo si registra in Arabia Saudita dove, soprattutto nelle grandi città, c’è stata una maggiore tolleranza per le decorazioni natalizie anche se la pratica di religioni non musulmane resta vietato. Allarmante la condizione del Myanmar, che la guerra, seguita al colpo di Stato del 2021, ha catapultato nel gruppo di Paesi dove le persecuzioni sono estreme, “scalando” quattro posizioni nella lista. I battezzati - che costituiscono l’8 per cento della popolazione - sono intrappolati nei combattimenti in corso, i luoghi di culto sono attaccati con la falsa accusa di accogliere i ribelli, oltre centomila di loro, nella sola regione di Kachin, sono sfollati a causa delle violenze. Preoccupa anche la situazione dell’Asia centrale, dove la libertà di fede è repentinamente deteriorata. L’epicentro è il Kirghizistan, balzato in dodici mesi dal 61esimo al 47esimo posto. Un’escalation di violenza senza precedenti in una nazione con un livello di persecuzione medio-basso che si verifica nell’ambito di un processo di involuzione autoritaria. Nuove leggi, in nome di imprecisati valori culturali, hanno indebolito lo stato di diritto. Anche nel Kazakistan di Nursultan Narbayev, messo a dura prova dai disordini seguiti alla crescita dei prezzi dell’energia, hanno ridotto la libertà di fede. I battezzati ne hanno fatto le spese, soprattutto per quanto riguarda la maggior diffusione dei matrimoni forzati e degli stupri. In questo scenario oscuro, uno spiraglio viene dall’America Latina. In Colombia la violenza è calata per effetto del cessate il fuoco temporaneo del febbraio scorso. Soprattutto, poi, nel Nicaragua di Daniel Ortega ha dovuto allentare lievemente la presa in seguito alle sanzioni imposte da Usa, Canada e Ue.

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