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Zero elettricità, finti blitz, bombe vere: così la Russia prova a piegare Kiev

Giacomo Gambassi, inviato a Kiev mercoledì 18 dicembre 2024 - da www.avvenire.it

La capitale si spegne per gli attacchi alla rete energetica con i missili. Sciami di droni volano sulla città per paralizzarla. Scuole spesso chiuse; i genitori: i bambini nel mirino russo

Ogni mattina Olena Kulik controlla il calendario giornaliero dei black-out programmati a Kiev: cinque ore senza corrente nella sua zona; dodici in quella limitrofa. Venticinque anni, sfollata dalla regione di Kharkiv, gestisce un sito di vendite online. «Se ho l’elettricità a casa, lavoro dal soggiorno. Se viene staccata, mi sposto nel bar di qualche quartiere vicino dove so che posso ricaricare il computer». Vite da pendolari dell’energia elettrica. E vite sotto gli attacchi che si susseguono nella capitale. La linea del fronte è a cinquecento chilometri, ma la guerra arriva con le bombe e i droni che volano sui cieli della principale città dell’Ucraina. Come accade da quando è iniziata l’aggressione russa, Kiev rimane un obiettivo simbolico per il Cremlino dopo oltre mille giorni di conflitto. Fallito il tentativo di conquistarla durante le prime settimane di invasione nel 2022 e tramontata l’ipotesi rilanciata più volte di un nuovo assalto via terra, Putin si sta affidando alla strategia del terrore per mettere in ginocchio la metropoli. Con sciami di bombe e velivoli kamikaze che dirige su Kiev. Anzitutto per colpirla: dall’autunno i russi sono tornati a prendere di mira le infrastrutture energetiche della regione come “regalo” russo per le feste. Non è un caso che qui tutti parlino di un Natale al buio e al gelo per le incursioni targate Mosca. Con un obiettivo: spegnere l’Ucraina, a cominciare dalla capitale, per piegarla mentre le temperature sono già scese a meno 10 gradi e si intensificano le voci di trattative o cessate il fuoco.

Raid che spesso i sistemi antiaerei schierati a difesa della città riescono a fermare. Allora il Cremlino ha scelto di accompagnare gli attacchi veri e propri con ondate di “finti blitz”. Possono essere droni che vengono indirizzati nei dintorni della città «prima di spostarli verso altre località o addirittura farli tornare in Russia», racconta Olena, che come tutti i residenti tiene sotto controllo i canali Telegram che monitorano lo spazio aereo. Oppure possono essere i caccia lanciamissili che Mosca ordina di alzarsi in volo nelle regioni russe a ridosso di Kiev. L’effetto è identico: paralizzare la città che si ferma non appena cominciano gli allarmi.
Ormai accade in modo regolare al mattino, fra le 6 e le 10, nell’orario di punta in cui si va al lavoro o a scuola.
Con i fake-attacchi si blocca la metropolitana. Stazioni già affollate che vengono prese d’assalto per essere utilizzate come rifugi. E stop alla circolazione dei treni sui ponti fra la riva destra e quella sinistra del fiume Dnepr che taglia la città. «Così Kiev resta divisa in due», spiega Andriy Litvin. Vive in uno dei quartieri residenziali sulla sponda sinistra, segnata da condomini con più di venti piani. E ha l’ufficio di agente immobiliare poco distante da Maidan, la piazza centrale dove il conflitto viene raccontato dalle centinaia di bandierine gialle e blu lasciate nelle aiuole a memoria dei caduti. Ma non è la sola conseguenza che ricade sulla sua famiglia. Ha due figlie di sette e dieci anni. «Ormai fanno lezione uno o due giorni alla settimana. Sempre per colpa degli attacchi russi…», aggiunge. E, come le sue bambine, migliaia di ragazzi che frequentano le scuole di Kiev e dell’oblast. Scuole che sono tornate a funzionare grazie ai rifugi anti-missile ricavati nel sottosuolo. Ma con il suono delle sirene gli studenti devono rifugiarsi nei bunker. «Solo che quando gli allarmi scattano al mattino e vanno avanti per ore, i plessi non aprono neppure. Inoltre le lezioni online non si tengono se non c’è il preavviso». Una pausa. «La Russia vuole lasciare senza istruzione un’intera generazione: quella dei nostri figli».

Il Cremlino intende portare al tavolo dei negoziati un Paese sfibrato. Da una parte, si affida ai campi di battaglia. Secondo un’analisi di Top Lead, nell’ultimo mese, vale a dire a novembre, Mosca ha conquistato più territori che in tutto il 2023: 703 chilometri quadrati strappati in trenta giorni. Le «principali ragioni» della debolezza ucraina sono «la mancanza di soldati, di armi e di equipaggiamento» ma anche l’«ampio uso di mezzi rapidi». Dall’altra, Putin ricorre alla leva dell’energia “bombardata”. A conti fatti, il Cremlino ha intaccato il 60% della capacità produttiva di elettricità. Stando alle autorità ucraine, tutte le stazioni termoelettriche sono state colpite. L’attuale deficit energetico nazionale è di oltre un terzo. In pratica la nazione, che fino a prima dell’aggressione esportava corrente in Europa, sopravvive attraverso le centrali nucleari, 14 in totale (tranne quella di Zaporizhzhia occupata dai russi), e l’energia che riceve dall’estero. Ma è insufficiente.

«Ogni anno si torna a parlare di tregua di Natale. Però Putin ha appena attaccato tutto il Paese per lasciarci senza luce e riscaldamento durante le festività», dice con tono piccato Pavel Badenko. Il riferimento è al massiccio raid del 13 dicembre. Il suo negozio d’abbigliamento nel cuore di Kiev resta illuminato grazie al generatore a benzina sistemato sul marciapiede. Sui media è già stata archiviata come menzogna la «tregua rifiutata dal presidente Zelensky», secondo la versione del premier ungherese Viktor Orbán che l’avrebbe proposta anche a Putin. «Persino lo scorso Natale si ipotizzava uno stop a bombe e combattimenti - conclude Pavel -. Poi hanno colpito Kiev con uno degli attacchi più intensi dall’inizio della guerra proprio nei giorni che precedono Capodanno».

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