Il ‘68 di don Giussani e la ripartenza nel segno della comunione
Redazione Catholica - da www.avvenire.it - lunedì 18 novembre 2024
Presentato all’Università Cattolica del Sacro Cuore il libro che raccoglie interventi svolti fra 1968 e il 1970 dal fondatore di Comunione e Liberazione
L’ultimo libro di Luigi Giussani Una rivoluzione di sé. La vita come comunione (1968-1970), curato da Davide Prosperi e pubblicato da Rizzoli, è stato presentato giovedì 14 novembre presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il volume raccoglie gli interventi svolti fra 1968 e il 1970 da don Giussani presso il Centro culturale “Charles Péguy”, dal quale sarebbe poi sorto il movimento di Comunione e Liberazione. Durante l’incontro, organizzato da Comunione e Liberazione e dal Centro Culturale di Milano (CMC), sono intervenuti Onorato Grassi, docente emerito di storia della filosofia medievale alla Lumsa; Silvano Petrosino, docente di antropologia filosofica all’Università Cattolica; Alessandro Poltronieri, dottorando di filosofia teoretica all’Università di Bari; Eugenia Scabini, docente emerito di psicologia sociale all’Università Cattolica e co fondatrice del centro culturale “Péguy” nel 1964. A moderare l’incontro è stato Francesco Cassese, responsabile della Fraternità di Comunione e Liberazione per la siocesi di Milano.
Di seguito, alcuni estratti degli interventi:
Francesco Cassese: «Giussani colse l’istanza profonda del sommovimento culturale e sociale del Sessantotto, che indicava il risveglio del desiderio di autenticità nella vita e di cambiamento del mondo, ma sviluppò una proposta per molti versi controcorrente: mentre tutti volevano imporre le proprie immagini rivoluzionarie della politica e della società, Giussani continuò a sostenere che solo nella comunione cristiana è possibile sperimentare la vera liberazione, cioè l’avvento di un mondo più umano concretamente sperimentabile dalla persona».
Eugenia Scabini: «Giussani in quel periodo era nel pieno della sua maturità, eppure si trovava in una situazione precaria. Nel 1965 Gioventù Studentesca viene riconosciuta ufficialmente dalla Diocesi di Milano, ma a Giussani (che aveva dato vita a GS) viene chiesto di proseguire i suoi studi negli Stati Uniti. Al rientro, scopre che circa metà dei “suoi” ex studenti hanno preso strade diverse che sottolineavano l’impegno etico e sociale piuttosto che l’aspetto religioso. Quindi mortificazione e dolore fanno da sfondo agli interventi che si leggono in questo testo. Eppure, da Giussani noi non sentimmo mai una sola parola di recriminazione. Non ha mai fatto trapelare scoraggiamento, abbattimento e perplessità. Ha reagito rilanciando i suoi pochi rimasti, un piccolo gruppo, ai quali comunicò l’annuncio cristiano con una forza e una radicalità che si ritrova in questo volume, che è un testo veramente radicale. Quando ci trovammo la prima volta con lui nel 1968, delle 180 persone che erano lì, una sola proveniva dall’esperienza iniziale di GS, ma per Giussani è un’unità profonda, è la storia che continua; ne è rimasto uno solo, ma quell’uno contiene tutti gli altri, perché è unito agli altri toccati dallo stesso avvenimento».
Onorato Grassi: «Questo volume ci fa capire come è nato o rinato il movimento. Giussani era un lottatore, era come se vedesse qualcosa presente in quel momento e usava le parole per descrivere quello che stava avvenendo davanti ai suoi occhi in quel gruppetto di persone, in quella amicizia in cui lui riscopriva il Mistero che si incarna in un particolare. Era rimasto solo un “piccolo resto”, ma quel resto può cambiare tutto. Neanche Giussani immaginava cosa sarebbe stato, ma non contava cosa sarebbe avvenuto, contava quello che c’era lì.Dopo il Vaticano II c’era un’aria di cambiamento nella Chiesa e nella società. Giussani è unodei pochi a dire che sarebbe tutto inutile se il cambiamento non riguardasse la persona, l’io. Capisce inoltre che non è un progetto di liberazione a mettere insieme le persone, ma è “qualcosa che viene prima” che crea la comunione ed è questa che libera l’uomo. Da qui l’ordine dei fattori nel nome “Comunione e Liberazione”».
Silvano Petrosino: «Di solito i libri riportano tesi “esterne” a chi scrive, invece questo non è un libro di filosofia o di teologia, mentre Giussani è personalmente “dentro” al discorso che sta facendo. Si può essere contro Cl o non condividere le analisi o le scelte del movimento, ma se si ha un minimo di onestà non si può non riconoscere l’autenticità del discorso, di cui questo libro fa emergere il momento sorgivo. Ratzinger distingue tra un Gesù “reale” e un Gesù “storico”. È quello che in questo volume fa anche Giussani, quando nota che la cristianità è finita (oggi lo dicono tutti, lui lo diceva nel 1968…) e pone il problema dell’incontro reale con Cristo. Oggi nessuno nega la storicità di Gesù, ma il problema è come fare a compiere il passaggio al reale. Per questo io penso che Giussani sia stato un padre della Chiesa esattamente perché compie questo passaggio: non ha paura di dire che la cristianità è una forma, mentre il cristianesimo è un avvenimento».
Alessandro Poltronieri: «Giussani in questi incontri si rivolgeva a giovani tra i 25 e i 30 anni, e lui non ha voluto risparmiare a nessuno la sua proposta di un cristianesimo esigente e radicale. Quindi ho letto questo libro cogliendolo innanzitutto come una provocazione per me. Giussani afferma che gli apostoli “credettero per una presenza con una faccia ben precisa”. Ecco, se il cristianesimo viene destituito del suo carattere storico di avvenimento, non può avere la forza di cambiare l’uomo di oggi, nel 2024. Giussani si chiede come quell’incontro avviene ora, e risponde: attraverso la comunione dei credenti. Per Giussani, il metodo dell’Incarnazione è vero oggi come all’inizio. Cristo non è una lontananza nella nebbia del passato, ma è una realtà presente, è la realtà della Chiesa non in termini generici, ma come presenza reale lì dove sei».
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