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nov 02

Il giorno dei morti: così i cristiani pregano per i defunti

Riccardo Maccioni - da www.avvenire.it sabato 2 novembre 2024

La commemorazione di chi non c’è più è un modo per celebrare la vita e il cammino verso Dio, che le anime continuano nel Purgatorio, come spiega il Catechismo. Così pregavano anche i grandi autori

Il mese di novembre è tradizionalmente legato alla commemorazione dei defunti. Anche chi non è solito frequentarli durante il resto dell’anno, va al cimitero, prega con più intensità per i cari già passati all’altra vita, programma Messe in loro suffragio. Succede soprattutto il 2 novembre, non a caso nella dicitura popolare il “giorno dei morti”: In realtà la Chiesa ricorda in ogni Eucaristia chi ci ha già preceduti nell’incontro con il Signore ma in questo periodo la loro memoria è più forte e sentita.

Perché si prega per i defunti?

Sembra un paradosso ma non lo è per niente. Si prega per i morti per celebrare la vita, perché li si crede vivi nel Signore, per accompagnarli nel cammino di avvicinamento a Lui. Con la preghiera, infatti si aiutano le anime alle prese con un itinerario di purificazione. Parliamo del Purgatorio che il Catechismo della Chiesa cattolica definisce «lo stato di quanti muoiono nell’amicizia di Dio, ma, benché sicuri della loro salvezza eterna, hanno ancora bisogno di purificazione, per entrare nella beatitudine celeste». E aggiunge: «ln virtù della comunione dei santi, i fedeli ancora pellegrini sulla terra possono aiutare le anime del purgatorio offrendo per loro preghiere di suffragio, in particolare il Sacrificio eucaristico, ma anche elemosine, indulgenze e opere di penitenza». Tuttavia, al di là di queste motivazioni teologiche alla base della commemorazione dei defunti ci sono anche ragioni spirituali al limite dello psicologico. Pregare per i morti vuol dire infatti credere che esiste una vita oltre a questa, che incontreremo il Signore, che esiste un legame diretto tra la terra e il cielo. Ma è anche un modo per sentire più vicine le persone che abbiamo amato, per ringraziarle di esserci state, per imparare dal ricordo della loro esistenza, quello che il Signore vuole insegnarci.

Opere di misericordia

La Chiesa cattolica chiede esplicitamente di commemorare i defunti. L’ultima opera di misericordia spirituale invita infatti a “pregare per i vivi e per i morti” collegandosi direttamente a quella corporale di “seppellire i morti”. «La Chiesa - disse papa Francesco durante l’udienza generale del 30 novembre 2016 - prega per i defunti in modo particolare durante la Santa Messa. Dice il sacerdote: “Ricordati, Signore, dei tuoi fedeli, che ci hanno preceduto con il segno della fede e dormono il sonno della pace. Dona loro, Signore, e a tutti quelli che riposano in Cristo, la beatitudine, la luce e la pace” (Canone romano). Un ricordo semplice, efficace, carico di significato, perché affida i nostri cari alla misericordia di Dio. Preghiamo con speranza cristiana che siano con Lui in paradiso, nell’attesa di ritrovarci insieme in quel mistero di amore che non comprendiamo, ma che sappiamo essere vero perché è una promessa che Gesù ha fatto. Tutti risusciteremo e tutti rimarremo per sempre con Gesù, con Lui».

Il 2 novembre

Da sempre, pur con modi e sfumature diverse, tutti i popoli ricordano e pregano per i defunti. Nella Chiesa la loro commemorazione è presente sin dal IX secolo ma già circa duecento anni prima nei monasteri un giorno all’anno era specificamente dedicato a questa celebrazione. Quanto alla scelta del 2 novembre, la storia ci riporta all’anno 928. Fu allora che l’abate benedettino Odilone invitò tutti i monaci dell’Ordine cluniacense a optare per quella data. Alla base il racconto che gli fece un confratello tornato dalla Terra Santa. A Odilone, da sempre molto attento alle anime del Purgatorio cui dedicava preghiere e sacrifici, il monaco raccontò che, a seguito di un naufragio sulle coste siciliane vi incontrò un eremita, che gli disse sentire spesso le voci sofferenti delle anime del Purgatorio e insieme le grida dei demoni che gridavano proprio contro di lui, l’abate Odilone. La tradizione delle commemorazione dei defunti venne poi ufficialmente fatta propria dall’intera Chiesa di Roma nel 1311.

Le preghiere

Sono tanti naturalmente i religiosi e i mistici che hanno guardato ai defunti. Il servita padre David Maria Turoldo, in una sua preghiera-poesia chiede il dono di comprendere meglio, attraverso di loro, il mistero della vita.
«Non ti chiediamo, Signore
di risuscitare i nostri morti,
ti chiediamo di capire la loro morte
e di credere che tu sei il Risorto:
questo ci basti per sapere
che, pure se morti, viviamo
e che non soggiaceremo
alla morte per sempre. Amen».

Pensa con fiducia alla vita che ci attende invece il poeta bengalese Rabindranath Tagore:

«Un giorno dopo l’altro,
o Signore della mia vita,
starò davanti a te a faccia a faccia.
A mani giunte,
o signore di tutti i mondi,
starò davanti a te a faccia a faccia.
Sotto il grande cielo
in solitudine e silenzio,
con cuore umile
starò davanti a te a faccia a faccia.
In questo tuo mondo operoso,
nel tumulto del lavoro e della lotta,
tra la folla che s’affretta,
starò davanti a te a faccia a faccia.
E quando il mio lavoro in questo mondo
sarà compiuto, o Re dei re,
solo e senza parole,
starò davanti a te a faccia a faccia».

Dal canto suo sant’Ambrogio mette al centro della sua invocazione il legame che unisce i vivi e i morti:
«Signore Dio,
non possiamo sperare per gli altri
più di quanto si desidera per se stessi.
Per questo io ti supplico: non separarmi
dopo la morte
da coloro che ho così teneramente amato sulla terra.
Fà o Signore, ti supplico
che là dove sono io gli altri si trovino con me,
affinché lassù possa rallegrarmi della loro presenza,
dato che ne fui così presto privato sulla terra.
Ti imploro Dio sovrano,
affrettati ad accogliere
questi figli diletti nel seno della vita.
Al posto della loro vita terrena così breve,
concedi loro di possedere la felicità eterna».

L’eterno riposo

La preghiera più famosa resta però L’eterno riposo, che recita: «L’eterno riposo dona loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua. Riposino in pace. Amen». Il testo ha origine da un passaggio tratto dal IV libro di Esdra, apocrifo dell’Antico Testamento. Venne poi ripreso dai padri della Chiesa entrando nel VI secolo nel Graduale, Libro liturgico del Rito romano.

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