Il Sud globale punta a cambiare l’ordine mondiale. Ma in ordine sparso
Andrea Lavazza - da www.avvenire.it - venerdì 25 ottobre 2024
Accolti in Russia da Putin, ricercato dalla Corte penale internazionale, i Paesi emergenti hanno ambizioni alta ma scarsa coesione
Vladimir Putin non poteva chiedere di più al vertice dei Brics a Kazan, sia sul versante delle nuove alleanze sia dal punto di vista della sua immagine proiettata verso l’Occidente. Un ricercato della Corte penale internazionale ha accolto in casa propria, fra simbolismi accuratamente selezionati, delegazioni di 36 Paesi; 8 i membri effettivi dell’organizzazione intergovernativa, oltre alla Russia, che rappresentano più del 40% della popolazione della Terra (il G7 ne raggruppa il 10%) e circa il 36% dell’economia mondiale (contro il 30% dei Sette grandi). E ha potuto mostrare una banconota della futura (nelle sue speranze) moneta unica delle nazioni che aspirano a rimodellare l’ordine mondiale.
Ma non c’è stata solo l’operazione di immagine. Il gruppo, pur eterogeneo, progetta un ambizioso sistema alternativo di transazioni bancarie (che metta anche al riparo dalle eventuali sanzioni di Washington e Bruxelles), una propria Borsa internazionale dei cereali (di cui è complessivamente il grande produttore) e guarda ad altre collaborazioni economiche e strategiche che facciano fare un salto di qualità all’alleanza, per ora non particolarmente strutturata. Il punto da considerare è tuttavia proprio l’insignificanza sostanziale, per tutti i leader presenti, del mandato di cattura che pende sul capo del Cremlino per i crimini di guerra dei quali è accusato. Questo non significa che la legalità internazionale o le ragioni umanitarie siano indifferenti per la parte del mondo che vuole distanziarsi dagli equilibri americano (ed europeo)-centrici ancora prevalenti. Vuole dire piuttosto che prevalgono le ragioni del singolo interesse nazionale e della realpolitik in una fase fluida di rimescolamento planetario.
Non ci sarà un ministro degli Esteri dei Brics, e chi ha rifiutato le sanzioni contro Mosca non appoggia necessariamente l’invasione dell’Ucraina. Tuttavia, le opportunità che si aprono nell’ambito di un club dei Paesi del Sud globale sembrano promettenti per tanti, al di là delle contingenze di questo periodo. A rigore è proprio solo la Russia a non fare parte idealmente del Sud globale, che si identifica latamente per l’essere stato in modi e forme diverse vittima del colonialismo occidentale (ma poi è profondamente eterogeneo per culture e religioni). C’è questa sottesa contrapposizione che oggi mette su sponde politiche e ideologiche opposte G7 e Unione europea da una parte e Brics dall’altra. Gli affari, si sa, sono un’altra cosa.
E quindi nessuno oggi può prescindere dal dollaro e dall’interscambio commerciale complessivo, Cina e India in testa per la necessità di non chiudersi ricchi mercati. La presenza a Kazan del segretario generale dell’Onu ha poi certificato la rilevanza del summit. Le critiche che Kiev e altri Paesi hanno rivolto allo stesso António Guterres sono miopi se puntano a scavare un fossato di incomunicabilità tra Putin e tutti coloro che non cercano di isolarlo. I 9 Stati dei Brics potranno diventare ancora più numerosi in pochi anni, ed è compito dell’unica organizzazione che unisce formalmente il mondo intero favorire dialogo e aggregazioni volte alla cooperazione. Nello stesso tempo, servono passi avanti nelle riforme delle istituzioni sovranazionali, a partire dal Palazzo di Vetro, per riconfigurare gli assetti attuali ed evitare il consolidarsi di fratture foriere non di pace bensì di nuovi conflitti.
Ovviamente, non sono movimenti e trasformazioni che si compiono in tempi rapidi. Oggi dobbiamo registrare una condivisibile risoluzione del Parlamento di Strasburgo che richiama con toni netti Pechino sulla questione di Taiwan, mentre il metodo del Cremlino è tuttora quello manifestato anche verso il Kazakistan: all’annuncio che quest’ultimo non chiederà di entrare tra i Brics, Mosca ha subito bloccato le importazioni da Astana con la motivazione che i prodotti non sono sicuri. Da Kazan, quindi, arriva un messaggio forte, anche se non nasce un soggetto coeso né la lunga partita sulla ridistribuzione del potere mondiale può dirsi chiaramente orientata, come auspicano gli ospiti festosi di Putin.
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