Il caso
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In Senato s’è formato l’intergruppo per la pace: «Non ci rassegniamo»

Angelo Picariello - da www.avvenire.-itr martedì 1 ottobre 2024

Confronto pubblico tra i capigruppo, interviene anche il segretario della Cei Baturi: «Serve un’iniziativa, non possiamo rassegnarci». Il progetto raccoglie consensi trasversali.

«Il senso religioso è costruttore di pace, non si può fare un utilizzo “abusivo” della fede cristiana per promuovere odio». Occorre invece «assumere un’iniziativa, non possiamo accontentarci di una fede marginale o privata, come sollecitato dal Papa a Trieste». L’arcivescovo Giuseppe Baturi sprona la politica. E all’incontro promosso dall’associazione Remind “Oltre i Confini della Pace” alla sala Zuccari del Senato arriva una prima risposta. Nasce l’intergruppo parlamentare “per la pace, la dipomazia e il dialogo multilaterale”. «La pace non è un tema di maggioranza od opposizione, riguarda tutti. Venerdì - annuncia nel corso dell’evento il capogrupppo della Lega Massimiliano Romeo - sono partiti gli inviti a tutti i capigruppo per indicare un loro rappresentante nell’Intergruppo».

L’iniziativa è partita dall’incontro in Senato del 19 giugno della “Avvocatura in missione” co-promosso dallo stesso Romeo e dal dem Graziano Delrio: «Sulle armi si possono avere idee diverse - spiega l’ex ministro dei Trasporti - ma se tutti siamo d’accordo che contemporaneamente bisogna sviluppare un’azione diplomatica, occorre darsi da fare, sollecitare anche l’Europa, che è nata - ricorda Delrio - per portare la pace e invece si trova il conflitto alle sue porte».

«Non possiamo rassegnarci - dice Baturi -. Noi che siamo discepoli di Cristo crocefisso, e sappiamo che in Lui siamo tutti fratelli. Noi ci crediamo. Crediamo davvero che il mondo possa cambiare», scandisce il segretario della Cei, indicando nell’esperienza educativa la frontiera a cui ognuno di noi è chiamato, «spostando ognuno le cose di un centimetro, nel suo ambito, promuovendo una cultura della pace, si arriva a salvare vite umane». Non si nasconde, Baturi, che le cose sembrano andare in un’altra direzione, «già prima della guerra in Ucraina si spendeva in armamenti più dei tempi della guerra fredda, e sempre meno in istruzione», ricorda. Da dove ripartire, allora? «Dall’amicizia, dai piccoli segni». E ricorda il Consiglio dei Giovani del Mediterraneo, l’iniziativa promossa dalla Cei per favorire il dialogo fra popoli un tempo amici finiti nel vortice dell’inimicizia e della guerra. E un piccolo segno è anche quello che parte dal Senato.

Il presidente Ignazio La Russa condivide l’iniziativa promossa da Remind, che ha fra i promotori il capogruppo di Fdi Lucio Malan. «Non si tratta solo di far tacere le armi in ogni angolo del nostro pianeta dall’Europa al Medio Oriente a ogni altro luogo lontano o meno noto - sottolinea il presidente del Senato - ma di abbracciare quella prospettiva di fraternità e fratellanza universale più volte richiamata anche dal Santo Padre attraverso un concreto impegno». Eanche per La Russa è «cruciale il ruolo delle diplomazie affinché, nel rispetto e nel dialogo, metta radici profonde la consapevolezza che nessun interesse, idealità o visione ideologica può giustificare un’azione politica fondata sulla guerra, sulla negazione della vita, sul tragico sacrificio di vittime innocenti».
All’incontro arriva anche il messaggio del ministro della Difesa Guido Crosetto: «Ci rendiamo conto del valore della libertà e della pace solo quando ci vengono tolte, come tragicamente ci mostrano i conflitti in atto. L’Italia continua a impegnarsi a favore di una “pace giusta” che rispetti il diritto internazionale e la libertà dei popoli», rivendica Crosetto.

Ma all’incontro, moderato dal direttore di Rainews24 Paolo Petrecca c’è chi preferisce parlare di “pace possibile”. La evoca Beatrice Lorenzin, che interviene per il Pd, si associa Romeo, per la Lega: «Con realismo dobbiamo muoverci perlomeno per arrivare a far tacere le armi, con un cessate il fuoco». Spingerà in questa direzione il costituendo Intergruppo. Fra i volenterosi che ne farannpo parte anche il capogruppo di M5s Stefano Patuanelli, che si professa meno ottimista di Lorenzin, ma non demorde: «Senza pensare di avere la verità in tasca bisogna fare di tutto per fare in modo che si crei un tavolo di pace, per arrivare a un cessate il fuoco - concorda - , impresa anch’essa molto lontana, purtroppo», dice in riferimento sia all’Ucraina che al Medio Oriente. Interessati all’iniziativa si sono detti anche i capigruppo di Iv Enrico Borghi e quello di Forza Italia, Maurizio Gasparri, che evoca lo “spirito di Pratica di Mare”, quando Silvio Berlusconi riuscì a mettere allo stesso tavolo Bush e Putin, «oggi purtroppo sarebbe impossibile», ammette.

Remind, associazione che si occupa di sviluppo e cooperazione economica, offre anche un altro angolo prospettico, quello di una “convenienza” della pace. Non a caso l’Europa, che si ritrova la guerra alle porte, «cresce meno di Stati Uniti e Cina, e continuerà a crescere meno, nelle previsioni», ricorda Marco Daviddi, che segue i temi economici per Remind. Occorre fare di più, allora. Ma la Farnesina non sta a guardare, «è impegnata a favorire canali diplomatici senza sosta, anche gli aiuti umanitari vivono di diplomazia», ricorda Marco Rago, consigliere del ministero degli Esteri. La pace della diplomazia, ma anche la pace di tutti i giorni, e di tutti noi, che ne costituisce il fondamento. Lo sostiene anche Paolo Crisafi, presidente di Remind. Tutto parte da «un atteggiamento di pace da vivere anche nella vita quotidiana di tutti noi, a partire dalle nostre case, scuole, uffici e in ogni momento di incontro tra persone, in modo tale da essere esempi e non parole, essere operatori di pace».

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