Chi è don Gambelli, il parroco missionario nuovo arcivescovo di Firenze
Giacomo Gambassi, inviato a Firenze - da www.avvenire.it venerdì 19 aprile 2024
Prete del clero fiorentino, 55 anni, per undici anni fidei donum in Ciad nel cuore dell’Africa, è parroco, cappellano del carcere e studioso di Sacra Scrittura. Succede al cardinale Betori
È un prete fiorentino il nuovo arcivescovo di Firenze.
Papa Francesco ha nominato come successore del cardinale Giuseppe Betori don Gherardo Gambelli, il prete delle periferie: dall’Africa al carcere. Nato a Viareggio, 55 anni che compirà il prossimo 23 giugno, ordinato presbitero nel 1996, è parroco della chiesa della Madonna della Tosse, cappellano dell’istituto penitenziario di Sollicciano e vice-direttore spirituale del Seminario dal 2023 quando è rientrato a Firenze dopo undici anni trascorsi come missionario in Ciad.
L’annuncio ieri mattina a mezzogiorno nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore, in contemporanea con la Sala Stampa vaticana. Un luogo “inusuale” per rendere pubblica una nomina episcopale legata alla Chiesa fiorentina che negli ultimi tempi è stata sempre annunciata all’interno del palazzo arcivescovile. Lo sottolinea lo stesso Betori nella sua introduzione: «Abbiamo scelto la Cattedrale, la casa che la nostra gente ha dedicato alla Vergine, per aiutare a comprendere il significato di fede di quanto sta avvenendo». E anche tutta la sua “fiorentinità“. Perché sulla cattedra dei santi Zanobi e Antonino torna a sederci un arcivescovo espressione del clero del capoluogo toscano: l’ultimo era stato Silvano Piovanelli che aveva guidato l’arcidiocesi dal 1983 al 2001.
Cresciuto con la sua famiglia a Castelfiorentino, Gambelli matura la sua vocazione a partire dal suo servizio come educatore dell’Azione Cattolica.
Esperto di Sacra Scrittura, consegue la licenza alla Pontificia Università Gregoriana nel 2000, poi studia Gerusalemme e conclude il suo percorso accademico conseguendo il dottorato in teologia biblica alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale nel 2027. In questi anni è vicario parrocchiale a Santo Stefano in Pane nel quartiere di Rifredi e poi parroco “in solidum” della parrocchia dell’Immacolata e Sant Martino a Montughi. Nel settembre 2011 chiede di essere inviato come sacerdote “fidei donum” in Ciad, con una convenzione tra l’arcidiocesi di Firenze e quella del Tchad, dove resta per undici anni: prima nell’arcidiocesi di N’Djamena, la capitale del Paese africano, dove è parroco, docente di Sacra Scrittura nel Seminario maggiore nazionale e cappellano del carcere; poi nell’est del Ciad: infatti, quando nel 2018 viene eretto dalla Santa Sede il vicariato apostolico di Mongo, a don Gambelli è chiesto di accompagnare la nascita della nuova Chiesa in cui diventa parroco della Cattedrale e poi vicario generale.
«Per me - ha spiegato al settimanale delle diocesi toscane “Toscana Oggi” - questi anni in Africa sono volati, nonostante l’inizio sia stato un po’ difficile per la diversità di lingua e cultura, sicuramente è stata un’esperienza molto forte. Quelle del Ciad possono annoverarsi tra le Chiese più giovani del mondo. Questa giovinezza si traduce in un grande entusiasmo: nella capitale N’Djamena in media ci sono mille nuovi battezzati ogni anno. La Chiesa è molto impegnata nella dimensione sociale dell’evangelizzazione, come dice il Papa, in tre settori: l’educazione attraverso le scuole, la salute tramite gli ospedali e lo sviluppo». Nelle sue lettere che inviava a Firenze dal Paese africano invitava «a pregare e a lavorare per la pace e la riconciliazione» che «si fa urgente anche per combattere efficacemente contro il rischio del fondamentalismo religioso diventato recentemente più forte in Ciad» e ricordava l
e parole di perdono di Giuseppina Bakhita, la schiava proclamata santa: «Se incontrassi i negrieri che mi hanno rapito e anche quanti mi hanno torturato mi metterei in ginocchio per baciare le loro mani, perché se tutto ciò non fosse avvenuto oggi non sarei né cristiana, né religiosa». Un sacerdote di frontiera, don Gambelli, accanto agli ultimi del sud del mondo o a chi è dietro le sbarre ma anche a fianco della sua gente. E attento all’annuncio del Vangelo.
Lo ricorda il cardinale Betori nel saluto al suo successore. «Conosciamo la radice più profonda della sua figura sacerdotale nella parola di Dio ascoltata e studiata con amore». Poi il porporato ripercorre gli anni di Gambelli in Africa. Una «frontiera geografica», la definisce, dove «la sua dedizione pastorale si è allargata da una parte verso ulteriori frontiere umane, quelle dell’ospedale e del carcere, ma anche nella disponibilità ad assumere incarichi parrocchiali fino a diventare per alcuni anni vicario delegato del vicariato apostolico di Mongo, appena istituito». Betori spiega che è stato lui stesso a chiedergli di rientrare a Firenze. E lo ha fatto «con esemplare obbedienza». Poi gli incarichi di parroco, cappellano del carcere e vice-direttore spirituale del Seminario che testimoniano la «sintesi tra dimensione pastorale, spirituale, di servizio agli emarginati», nota il cardinale.
Nel suo messaggio Gambelli racconta che la nomina si è portata dietro uno “”tsunami” di sentimenti, emozioni, pensieri». E indica nel Risorto «il modello della scelta evangelizzatrice che ci spinge ad andare verso le periferie geografiche ed esistenziali nel nostro impegno missionario». Poi rivela che cosa ha scritto a papa Francesco. «Quando il nunzio mi ha chiesto di scrivere a mano una breve lettera al Papa, scegliendo una citazione biblica per esprimergli l’accettazione della mia nomina, ho pensato subito al Salmo 25,15: “Tengo fisso lo sguardo sul Signore perché libera dal laccio il mio piede”. Mi sono subito reso conto della dura lotta da affrontare, perché ogni volta che abbasso lo sguardo volgendolo verso di me, percepisco questo laccio che afferra il mio piede, frenando lo slancio di camminare serenamente dietro al Signore». Parla del mondo del carcere e dei detenuti: «Mi impegnerò come vescovo a essere attento alle vostre necessità, come a quelle di tanti fratelli e sorelle spesso dimenticati e scartati dalla nostra società». E annuncia di voler scommettere sulla «bella tradizione di impegno nel dialogo ecumenico e nel dialogo interreligioso». Quindi l’urgenza della pace. «Davanti alla minaccia dell’espansione delle guerre nel mondo, ci sentiamo più che mai interpellati alla responsabilità di lavorare con più coraggio e tenacia per la pace, che si costruisce in maniera artigianale, nell’attenzione ai gesti quotidiani di perdono e riconciliazione». Una sfida che chiama in causa anche le istituzioni con cui Gambelli dice di voler «proseguire nella collaborazione “gomito a gomito” per la costruzione di una società più giusta e solidale, nell’attenzione e nel rispetto della dignità di ogni persona, soprattutto dei più poveri ed esclusi».
È lo stesso Betori a rendere noto il nome del suo successore. Il porporato, che ha compiuto 77 anni lo scorso febbraio, ha guidato la Chiesa fiorentina per quindici anni, dal 2008, quando è arrivato in terra toscana dopo essere stato segretario generale della Cei. Lascia la guida pastorale dell’arcidiocesi per raggiunti limiti di età, dopo una “proroga” di due anni concessa da papa Francesco. Rimane amministratore apostolico fino al giorno dell’ordinazione episcopale e dell’ingresso del nuovo arcivescovo già fissata per il 24 giugno, solennità di san Giovanni, patrono di Firenze. Betori continuerà a vivere a Firenze quando sarà emerito.
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