La tragedia dei bambini rubati e russificati. Kiev: «Li riporteremo a casa»
Giacomo Gambassi, inviato a Kiev -DA WWWW.AVVENIRE.IT domenica 21 gennaio 2024
Presi ai genitori, prelevati nei convitti, deportati in campi di rieducazione, sono costretti diventare cittadini russa. Le adozioni forzate alle famiglie russe. Almeno 20mila deportati da Mosca
C’è un filmato che Liza Batsura ha ricevuto sul suo telefonino e che l’ha sconvolta. È quello di Zorik Ibrian che viveva con lei nel convitto per minori di Kherson e assieme studiavano nella scuola professionale numero 2. Entrambi ucraini. Ed entrambi 16enni quando i funzionari filo-russi, a servizio delle forze d’occupazione che controllavano la città nei primi mesi di guerra, li avevano “prelevati” e portati a 250 chilometri di distanza in un campo di rieducazione della Crimea chiamato “Amicizia”. «Gloria alla Russia», le dice Zorik guardando nella fotocamera del cellulare e indicando la bandiera russa sulla sua maglietta. «Ho paura di lui», sussurra Liza. Lei ce l’ha fatta a rimanere ucraina nonostante la deportazione, le minacce «se parlavo ucraino», l’obbligo di «cantare brani russi», le lusinghe di frequentare gratis «l’università a Mosca» o di «ricevere 100mila rubli e un appartamento». Zorik no. Si è convertito «all’imperialismo di Vladimir Putin con quel lavaggio del cervello che ha un obiettivo: cancellare l’identità ucraina partendo dai nostri bambini e giovani che finiscono in mano russa», racconta Mykola Kuleba ad Avvenire. Ex presidente della Commissione presidenziale per i diritti dell’infanzia che ha guidato dal 2014 al 2021, è il fondatore “Save Ukraine”, l’organizzazione non profit che riporta a casa i ragazzi trasferiti con la forza nel Paese aggressore. Sono 226 quelli rimpatriati grazie alla Ong dall’inizio dell’invasione. Fra loro anche Liza che ora abita a Kiev ed è stata salvata durante uno dei viaggi della speranza con i quali si fanno arrivare genitori e parenti dei ragazzi fino in Russia a riprenderseli. Come la mamma di Liza, adolescente finita in istituto per le sue difficoltà di relazione. «Ho sempre avuto una madre, ma per i russi ero orfana. Perciò volevano darmi il loro passaporto e trovarmi una famiglia russa».
La guerra in Ucraina ha anche il volto dei bambini “rubati” dal Cremlino. Ventimila quelli identificati dal governo di Kiev. «Di loro almeno 4mila sono orfani - sostiene Kuleba -. Ma, secondo una nostra stima, possono essere un milione e mezzo i ragazzi ucraini che vivono fra la Federazione Russa e i territori occupati». Una cifra che tiene conto non solo dei due anni di conflitto ma anche del decennio di scontri in Donbass. Kuleba cita Maria Lvova-Belova, la commissaria russa per i diritti dei bambini su cui pende un mandato di arresto della Corte penale internazionale che accusa lei e Putin di deportazione illegale di bambini. «È stata Lvova-Belova ad affermare che 58mila ragazzi sono stati trasferiti in Russia dal Donbass nei mesi precedenti l’aggressione su vasta scala. Ad oggi è impossibile sapere quanti giovanissimi siano finiti in Russia prima o nel corso della guerra cominciata il 24 febbraio 2022, quanti siano ancora in Crimea o nelle regioni occupate dell’Ucraina, quanti siano stati costretti a cambiare passaporto o certificato di nascita».
Nella sede di “Save Ukraine” a Kiev Kuleba mostra il documento che un ragazzo di Kherson ha dovuto accettare quando è finito in Crimea. «In base al nuovo certificato non è nato in Ucraina, ma nel territorio russo». Perché parte della regione di Kherson è sotto il controllo di Mosca. Risultato? Lui non è un deportato, ma un cittadino di Putin. Niente ladri di bambini, quindi. «Ecco perché è così difficile avere la portata esatta di quello che sta accadendo - spiega Kuleba -. Succede che i ragazzi siano rapiti negli orfanotrofi o dopo aver visto i genitori morire per i bombardamenti. Altri vengono evacuati in Russia con la scusa di proteggerli. Altri ancora sono separati dalle famiglie che si rifiutano di riconoscere l’autorità del Cremlino nelle aree occupate o di inviarli nelle scuole pro-Russia dove è stato pianificato un vero percorso di indottrinamento e dove si è puniti se si dialoga in ucraino o si usa la parola “pace”. Poi ci sono le famiglie che vengono letteralmente comprate: si assicura una somma in rubli pari a 50mila dollari se genitori e figli acquisiscono il passaporto russo».
Un dramma che il presidente Volodymyr Zelensky è tornato a denunciare questa settimana al forum di Davos in Svizzera e che è al centro della missione di pace affidata dal Papa al cardinale Matteo Zuppi. Due gli ambiti di mediazione umanitaria del presidente della Cei: i prigionieri di guerra e i bambini sottratti all’Ucraina. «Oggi non abbiamo meccanismi per avere notizie sui nostri ragazzi presenti nella Federazione Russa e nei territori occupati», fa sapere Kuleba. E il rientro in patria resta una delle operazioni più complesse. Come ha ammesso anche lo stesso Zuppi. «Perché i ragazzi sono testimoni scomodi per il Cremlino - chiarisce il fondatore della Ong -. Possono documentare con i loro racconti gli allontanamenti coatti. E questo è un crimine di guerra». Stando ai dati appena diffusi dal commissario per i diritti umani del Parlamento ucraino, Dmytro Lubinets, solo 517 minorenni sono stati restituiti ai loro parenti. Non è un caso che “Save Ukraine” si affidi a blitz clandestini e non a trattative.
Fra le leve utilizzate dal Cremlino per russificare gli under 18 ci sono i campi di formazione: 45 quelli censiti fra la Crimea e la Russia. «Almeno 6mila ragazzi ci hanno trascorso da due settimane a sei mesi. Sono come centri vacanze: si fanno escursioni, si mangia buon cibo, si tengono incontri. Ma soprattutto si racconta la “pace” o la “bontà” russa e si descrive l’Ucraina come matrigna. “La Russia ti vuole bene”, si sentono ripetere i giovanissimi che, però, non possono più contattare le famiglie. Si promette anche un’educazione universitaria». E c’è chi viene convinto a entrare in un’accademia militare. «L’intento è avere soldati da impiegare contro l’Ucraina - avverte Kuleba -. Non è escluso che fra i militari in prima linea con la divisa di Putin ci siano ragazzi ucraini trasferiti oltre confine nei dieci anni di guerra in Donbass».
Quando i bambini giungono in Russia, sembrano scomparire. Un modo per mettere al riparo i vertici politici dalle contestazioni occidentali ma anche per favorire le adozioni forzate. Sul sito degli affidamenti dell’oblast di Mosca sono state scoperte le foto di due gemelline di tre anni, Sofiia e Nadiia Viktorivna Klochkova, prelevate dall’orfanotrofio regionale di Kherson. «La legge russa agevola le adozioni - sottolinea Kuleba -. Ma c’è dell’altro: una coppia russa che fa figli non riceve alcun sostegno economico; una che prende un ragazzo dei territori occupati può contare sui sussidi del governo. Così capita che lo si faccia per soldi, come ci ha raccontato una ragazzina tornata in Ucraina. A lei i russi hanno ucciso la madre e il padre; e si è trovata in mezzo a genitori alcolisti di San Pietroburgo che volevano solo il contributo statale». Ma dietro l’ansia di dare una nuova famiglia ai “ragazzi del nemico” ci possono essere ulteriori motivazioni. «Alcuni genitori si sentono investiti della missione di far vivere ai bimbi la grandeur russa; altri di liberarli dal nazismo: un ragazzo ci ha riferito che nella sua famiglia adottiva il padre era al fronte a combattere contro l’Ucraina; altri ancora di esibirli come trofei. È il caso del politico filo-putiniano Sergey Mironov e di sua moglie Inna che hanno adottato una neonata dell’orfanotrofio di Kherson». All’anagrafe ucraina si chiama Marharyta Prokopenko e ha due anni. Le hanno cambiato nome in Marina Mironova per nascondere il “furto” della piccola. Anche se Mironov nega tutto.
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