E per i maschi ventenni c’è spazio per i figli?
Testi raccolti da A. Sartea, A. Palmucci, S. M. Gigliotti e A. Gastaldi
Da www.avvenire.it sabato 6 gennaio 2024
Si preparano alla professione futura, desiderano una famiglia con tanti bimbi, ma prevale ancora molta prudenza. Diventare padri? Sì, con certezze solide. Ecco le loro voci
La polemica seguita alle affermazioni della senatrice Lavinia Mennuni (Fdi) a fine 2023 sulla necessità di rendere più attrattiva per le ragazze la prospettiva di diventare mamme ci ha convinti che occorresse andare oltre la stucchevole contrapposizione dialettica tra destra e sinistra. Ma dopo una prima pagina, il 2 gennaio, nella quale abbiamo ospitato tre autorevoli voci femminili (Paola Binetti, Mariapia Garavaglia e Mariolina Ceriotti Migliarese), si è capito che il tema era troppo importante e serio per fermarsi lì. Così, il 3, c’è stato spazio per le voci di sei ragazze ventenni e, il giorno dopo, per altre tre voci di donne impegnate tra studi (Elena Canzi, psicologa sociale in Cattolica), associazioni (Emma Ciccarelli, Forum) e politica (Tiziana Drago, Udc). Oggi ecco sei giovani uomini che si interrogano sul loro possibile futuro di padri, tra desideri, insicurezze e ostacoli. E non finisce qui…
«Una responsabilità da saper assumere»
(Anna Sartea) «La mia nonna paterna mi diceva sempre che quando nasce un agnellino nasce anche il prato. Intendeva dire che per metter su famiglia non bisogna aspettare di avere chissà quanti soldi e chissà quale lavoro. Quando arriva il momento giusto, si può fare. La vita coniugale e poi familiare non è secondaria rispetto alla professione. Secondo me, un uomo e una donna trovano il compimento di sé nella famiglia e, rispettivamente, nella paternità e maternità». Così la pensa Leonardo, un ragazzo di quasi 22 anni, nato a san Paolo del Brasile da mamma toscana e papà ligure, cresciuto a Lucca a partire dai 3 anni e residente da quattro a Milano, dove si è trasferito per studiare Giurisprudenza all’Università Cattolica. «Avendo frequentato un liceo scientifico, ero orientato a iscrivermi a Medicina. Durante l’alternanza scuola-lavoro, però, ho partecipato a un corso tenuto da un avvocato di Diritto costituzionale e dei diritti umani e ho cominciato ad appassionarmi alla legge. A lezione ci fece vedere alcune pellicole sui Paesi con regimi totalitaristi: la Germania nazista, l’Italia fascista, il Cile di Pinochet, la Grecia dei colonnelli… Ho capito così quanto la legge è importante per costruire un mondo migliore e per la sua tutela. E ho scelto Giurisprudenza». In Cattolica, Leonardo ha conosciuto Alessia ed è sbocciata una relazione che, per quanto abbia ancora pochi mesi, li ha già portati a parlare di un futuro insieme. «La mia ragazza mi ha detto che stare con me le ha fatto venir voglia di costruire una famiglia e che prima di conoscermi non ci aveva ancora mai pensato. Ci piacerebbe anche avere dei figli. Sono consapevole che un figlio è un grandissimo atto di responsabilità, che è sia un dono che un’opportunità. Mio padre me lo ha spiegato spesso che un figlio ti cambia la vita, perché tutto ruota intorno a lui. È un onore e un onere: una volta nato, sei chiamato a dedicargli tutto il tuo tempo, per crescerlo al meglio e prepararlo al mondo di domani».
«Troppe incertezze. Ci penserò più avanti»
(Saveria Maria Gigliotti) «Diventare padre è sicuramente tra i miei progetti futuri. In un Paese dove la natalità è sempre più bassa, credo invece che donare la vita sia una delle gioie più belle. D’altra parte, però, vedo questo come qualcosa di molto lontano da me». Non ha dubbi, Francesco Strangis, 23 anni studente universitario ed animatore nella parrocchia San Giuseppe Artigiano di Lamezia Terme, che - dice - «ancora sto cercando il mio posto nel mondo». «So che non sarà facile laurearmi e trovare un lavoro stabile - aggiunge -. Credo che ci sia una diretta correlazione tra natalità e occupazione in questo Paese, soprattutto in una terra come la nostra. È proprio per questo che mi sento anche un po’ spaventato all’idea di diventare padre. Sorgono in me tante domande: sarò in grado di assicurare a un figlio una vita dignitosa e tutto ciò di cui necessita? Sono fidanzato da quando frequentavo gli ultimi anni della scuola secondaria, e spesso ci è capitato di parlare di un futuro insieme con l’obiettivo di una genitorialità, ma le incertezze sono ancora troppe. Tra qualche anno non sappiamo dove saremo, se studieremo o lavoreremo in città diverse. A oggi la priorità è quella di completare gli studi e crearci prima di tutto noi stessi una posizione che ci consenta di vivere dignitosamente». Il tema interpella Francesco: «Negli ultimi anni, purtroppo - riflette ancora -, si parla spesso di “famiglia ideale”, forse anche per le idee dell’attuale governo; in un mondo dinamico e in continua evoluzione penso che la famiglia debba scardinare le vecchie ideologie e iniziare ad accogliere ogni progetto di vita che punta alla costruzione di una famiglia. Per me famiglia è dove l’amore è libero, anche aldilà del diventare genitori e mettere al mondo una persona, perché la persona non si realizza solo quando ne genera un’altra ma è compita anche quando resta senza figli».
«Vorrei dare solidità, prima devo costruirmi»
(Agnese Palmucci) Ha le idee chiare Lorenzo Lucarelli. Sa che nella vita, come in montagna, si deve tenere la testa tra i sogni, ma lo sguardo fisso sull’oggi, alla strada che si apre passo dopo passo. Lui è uno studente fuorisede di Medicina, ha 22 anni, viene da Sarnano (Macerata), e vive a Roma da tre anni e mezzo. Da sei mesi è fidanzato con Elisabetta, conosciuta nel gruppo giovani di Ac della sua parrocchia romana. «Nel futuro mi vedo padre e marito - racconta -. Se penso alla paternità provo una grande gioia, e questo viene sicuramente dalla mia esperienza personale, dal modo in cui ho vissuto il mio essere figlio. A oggi, però, da studente vedo questa prospettiva come qualcosa di lontano, perché ancora non sento di poter incarnare quella figura di riferimento che sono abituato a ricercare nella figura di un padre. Vorrei essere un padre che dà “stabilità” e “sicurezza”, e il mio stile di vita, con tutte le porte ancora aperte, le incertezze, gli spostamenti continui, ora non me lo consentirebbe. In ogni caso, per me, essere in una relazione d’amore significa condividere un progetto, far crescere insieme qualcosa, e poi qualcuno. Essere famiglia significa condividere la vita, affrontare insieme ogni difficoltà. Certamente la mia fede c’entra molto in questa visione della famiglia e della paternità, perché mi permette di dare particolare importanza alla parola “padre”. Penso anche, però, che la paternità non sia tutto, che una persona può dirsi realizzata anche senza essere padre o madre. Da futuro medico mi rendo conto che, in un progetto di vita matrimoniale, dovrò trovare un equilibrio tra la mia carriera e la mia famiglia. Sarà difficile, ma bello, capire come il mio essere padre, e compagno di vita, potrà dare qualcosa di importante al mio essere medico, e viceversa, quanto la cura dell’altro, imparata in ospedale, potrà rendermi un padre migliore».
«Essere genitore? Bisogna imparare»
(An.S.) «Se il desiderio è condiviso da due persone, per me è possibile che già a vent’anni si possa pensare di progettare una famiglia, perché non si tratta di uno sforzo solitario. Ci vuole creatività e spirito di avventura, ma se si è in due a volerlo, perché no?». A parlare così è Gabriele, un ragazzo di 22 anni nato a Roma e trasferitosi a Milano per frequentare l’Università Bocconi. «Ho cambiato città perché desideravo fare un cambio di contesto e darmi un’occasione più ambiziosa di crescita umana e di sviluppo professionale». Durante lo stage svolto nell’ultimo anno del corso di laurea triennale in Economia e Marketing, ha ricevuto un’offerta di lavoro e ha scelto di accettarla, rinunciando, almeno per il momento, a iscriversi alla magistrale. Da settembre, lavora nel settore marketing di una grande azienda. «Secondo me ci si può avventurare in una prospettiva familiare anche senza aspettare di nuotare nell’oro dal punto di vista economico. Inoltre, nella società attuale ci si può organizzare con lo smart working e dividersi i compiti pratici, permettendo a entrambi di coltivare la propria ambizione professionale. Si tratta di individuare soluzioni che vadano bene a tutti e due: oggi l’uomo può essere di maggior supporto alla donna e aiutarla a diventare madre senza che debba rinunciare o limitare le sue aspettative lavorative». Gabriele da un paio d’anni è fidanzato con una sua coetanea, Fatima, e sognano un futuro insieme: «Non sarà immediato, perché il progetto di una vita di coppia è una sfida, ma vorremmo fosse presto. Anche se la paternità ha responsabilità talmente grandi che vanno al di là di quelle che ho avuto fino a ora, non ho paura di diventare padre, perché nessuno nasce padre. È un’esperienza totalizzante, ma graduale, in cui è tutto da imparare».
«Paternità, occasione per mettersi in gioco»
(Alberto Gastaldi) Tra qualche anno Leonardo Necordi, vent’anni di Rapallo si vede sicuramente padre: «La scelta di aver figli non è una limitazione, come magari alcuni della mia età pensano, ma al contrario è un’occasione per mettersi in gioco davvero, accendendo un nuovo fuoco nella propria vita». Si illuminano subito i suoi occhi parlando della possibilità di avere figli. In quella che definisce una «missione», il giovane ligure vede una responsabilità personale che si apre a una dimensione comunitaria: «È affascinante poter partecipare attivamente alla cura di chi abiterà il mondo nel futuro». Uno sguardo educativo che lo studente sta maturando in parrocchia nel suo servizio verso i più piccoli durante il percorso del catechismo. Leonardo, studente del secondo anno della facoltà di Informatica, afferma di pensare spesso alle decisioni importanti da prendere: «Non si possono improvvisare le scelte. Nella mia vita sogno già ora di essere padre, anche se naturalmente non posso definire prima quando sarà il momento opportuno». Fondamentale è poter condividere la scelta insieme a una persona alla quale si vuole bene: «Sicuramente sento lo slancio per condividere un percorso insieme, allo stesso tempo c’è la grande preoccupazione vedendo tante storie che finiscono male tra le coppie, compresa la difficile posizione dell’uomo in caso di separazioni con figli». Per Leonardo la sfida va comunque intrapresa una volta raggiunta una stabilità «sentimentale ed economica, insieme a una propria abitazione». Vede nei prossimi anni una prospettiva nella quale «la mia famiglia si definisce prima di generare qualcuno che la abiti, in questo modo la vita può essere veramente piena». Tra i suoi coetanei tanti preferiscono intraprendere altre strade: «Parlando con i miei amici, tanti non sono d’accordo nel vedersi legati stabilmente a una persona: c’è chi pensa all’impegno genitoriale come troppo grande, e i figli come un modo per perdere la propria libertà. A volte ne discutiamo insieme e cerchiamo di aiutarci a capire meglio».
«Famiglia numerosa prima della carriera»
(An.S.) Da grande vorrei lavorare nelle istituzioni, non so ancora se a livello italiano o europeo. L’ho capito durante il penultimo anno di liceo, quando mi sono chiesto se continuare a studiare o entrare subito nel mondo del lavoro. Ho scelto l’università e ho deciso di farla a Milano». Gabriele ha appena vent’anni, è nato a Taranto e ha già le idee molto chiare sul suo futuro. Desiderava frequentare studi che gli aprissero tanti sbocchi e svariate opportunità lavorative, e per questo si è iscritto al corso di laurea in Economia e Finanza in Bocconi. Aspira a farsi una famiglia, ma ritiene importante anche raggiungere una certa stabilità economica per potersene permettere una, magari numerosa. «Adesso non sono pronto. È ancora presto per assumermi la responsabilità di una famiglia e non ho né il tempo né i mezzi per dedicarmici. Spero però di poterne costruire una prima dei trent’anni: non devo aspettare di essere all’apice della carriera per farlo». Per quanto giovanissimo, uno degli obiettivi di Gabriele è la paternità, prima ancora del suo successo professionale. «Mi piacerebbe avere più di due o tre figli. E, soprattutto, preferirei svolgere un lavoro “modesto” ma essere sposato con una donna che amo e avere figli che mi accolgono a casa quando rientro la sera, piuttosto che un ruolo di spicco ma una casa vuota». È convinto che per formare una famiglia che duri nel tempo sia necessaria «una comunità di intenti tra i due membri della coppia. Credo infatti che un ragazzo e una ragazza devono avere gli stessi ideali di partenza e gli stessi orizzonti cui tendere, per poter costruire una solida base su cui far crescere nel tempo un progetto familiare. Sarebbe un problema ritrovarsi, dopo qualche anno, a litigare su idee che si rivelano opposte e scoprire di aver perso tempo».
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