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La Chiesa cattolica e la Caritas messe al bando nei territori occupati

Giacomo Gambassi - da www.avvenire.it mercoledì 13 dicembre 2023

Il governatore filorusso della regione di Zaporizhzhia vieta ogni attività della Chiesa greco-cattolica e si impossessa delle parrocchie. L’arcivescovo Shevchuk: dura repressione

Due pagine in lingua russa sanciscono la messa al bando della Chiesa greco-cattolica ucraina. In alto il logo verde e amaranto mutuato da quello della città di Zaporizhzhia e ricreato a tavolino nelle stanze del Cremlino indica la regione in cui il decreto è in vigore: quella occupata dai russi che accoglie anche la più grande centrale nucleare d’Europa. A firmare il provvedimento è Yevhen Balytsky, ex consigliere regionale ucraino con un passato nell’aeronautica sovietica che fin dall’inizio della guerra ha scelto di stare con Mosca e da collaborazionista è stato nominato nell’ottobre 2022 governatore militare-civile dell’area in mano russa dell’oblast di Zaporizhzhia. Ed è in quell’80% del territorio controllato dal Cremlino che la maggiore denominazione cattolica dell’Ucraina è stata vietata. Un “ordine” pubblicato sul sito ufficiale di Balytsk che proibisce non solo ogni attività della Chiesa guidata dall’arcivescovo maggiore di Kiev, Sviatoslav Shevchuk, ma anche quella degli organismi cattolici di stampo umanitario come la Caritas e i Cavalieri di Colombo «impegnati nei servizi sociali», spiega il portale ecclesiale che ha reso noto il documento datato dicembre 2022 ma «scoperto soltanto di recente».

«Tutte le organizzazioni e comunità religiose, ad eccezione della Chiesa ortodossa russa, sono soggette a una dura repressione», denuncia Shevchuk nel suo ultimo messaggio settimanale. E lancia un grido d’aiuto al mondo: «Facciamo appello a tutte le istituzioni internazionali affinché facciano udire la loro voce in difesa dei credenti schiacciati nei territori occupati dalla Russia e in difesa del diritto internazionale umanitario che garantisce la libertà religiosa anche durante la guerra».

Il decreto che la comunità nel mirino definisce «ingiustificato» fa leva su una serie di pretesti giuridici utilizzati dall’amministrazione militare russa per dare una parvenza legale all’atto che soffoca la vita delle parrocchie cattoliche. Anzitutto, si fa riferimento a presunti «esplosivi e armi da fuoco» trovati «negli edifici religiosi e nei locali ausiliari». Poi il governatore scrive che la missione della Chiesa greco-cattolica viene svolta «in violazione della legislazione sulle organizzazioni religiose e pubbliche della Federazione russa». E si elencano alcune fittizie infrazioni: la «partecipazione dei parrocchiani alle rivolte di massa e alle manifestazioni anti-russe nel marzo-aprile 2022», la «distribuzione di letteratura con appelli a violare l’integrità territoriale della Federazione Russa», la «partecipazione attiva nella regione di Zaporizhzhia alle attività delle organizzazioni estremiste e alla propaganda delle idee neonaziste».

Oltre a interdire ogni azione, le autorità di occupazione hanno stabilito di «trasferire i beni mobili e immobili e i terreni della Chiesa all’amministrazione militare-civile»; di «rescindere i contratti di locazione dei locali e dei terreni che la Chiesa greco-cattolica ucraina aveva precedentemente concluso con le autorità locali»; di «non registrare la comunità religiosa “Chiesa greco-cattolica ucraina” presso le autorità di occupazione della regione» e quindi di fatto di dichiararla illegale. L’”ordine” elenca anche le realtà ecclesiali che dovranno cessare le loro iniziative di sostegno alla popolazione nei territori occupati e non occupati: Caritas, Caritas Canada, Caritas Usa, Caritas Polska, Caritas Repubblica Ceca, Caritas-Donetsk e Caritas-Melitopol. Il controllo sull’attuazione del provvedimento è affidato al vice di Balytsky.

Nella regione di Zaporizhzhia la Chiesa greco-cattolica è da tempo un obiettivo delle autorità russe. Nel dicembre 2022 erano stati deportati dalla città occupata di Melitopol tutti i sacerdoti greco-cattolici rimasti a prestare servizio, fra cui il giovane padre Oleksandr Bogomaz. E il mese precedente, il 16 novembre 2022, due religiosi redentoristi, padre Ivan Levytskyi e padre Bohdan Geleta, era stati arrestati a Berdyansk, città affacciata sul mare d’Azov nella parte occupata dell’oblast, dove svolgevano il loro ministero. Da oltre un anno entrambi i sacerdoti «sono prigionieri in Russia», fa sapere la Chiesa greco-cattolica. «Li hanno presi in ostaggio, portati via. Da allora non abbiamo nessuna notizia. Tra l’altro uno di loro ha una grave forma di diabete. Per loro preghiamo ogni giorno e per tutti coloro che sono prigionieri», racconta il vescovo ausiliare dell’esarcato di Donetsk, Maksym Ryabukha, che vive in esilio nel capoluogo dell’oblast, a cinquanta chilometri dal fronte. Il vescovo ricorda «tutti i civili catturati dai russi, torturati e maltrattati. Non riusciamo neanche a trattare per uno scambio visto che l’esercito ucraino non prende in ostaggio i civili russi. E questo è uno dei tanti drammi della guerra: l’ingiustizia».

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