Via libera del Cdm alla manovra, ecco misure e tagli
Redazione romana - da www.avvenire.-it lunedì 16 ottobre 2023
Prorogato di un anno il taglio del cuneo, nuova Irpef a tre aliquote. Nella bozza un taglio da 260 euro delle detrazioni sopra i 50mila euro.
Il Consiglio dei ministri ha dato il via libera alla legge di bilancio. Una mattinata a ritmi forsennati: alle 9.30 il Cdm, alle 11 la conferenza stampa della premier Giorgia Meloni e del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e dei vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, poi la presidente del Consiglio tornerà sul dossier mediorientale mentre il titolare del Mef volerà all’Ecofin e all’Eurogruppo di Lussemburgo. Lo schema della manovra è confermato: 15 miliardi per la conferma del taglio del cuneo fiscale e un primo intervento sull’Irpef, con la cancellazione della seconda aliquota; 5 miliardi per il rinnovo dei contratti della pubblica amministrazione; 3 miliardi per la sanità. Il totale, provvisorio, arrivebbe a 25 miliardi. I due terzi del costo della manovra saranno coperti in extra deficit, quindi il governo ha dovuto individuare nuove entrate o risparmi di spesa per 8-9 miliardi almeno.
NUOVO FISCO
Mettendo insieme il dispositivo della legge di bilancio e il decreto legislativo di attuazione delle riforma fiscale il sistema delle tasse ha un nuovo ridisegno:
TAGLIO DEL CUNEO: l’esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti con redditi più bassi è iniziato nel 2022 con il governo Draghi, è stato confermato e rivisto al rialzo con la legge di bilancio 2023 messa a punto dal governo Meloni ed è salito ulteriormente con il decreto lavoro del primo maggio scorso. Il taglio attualmente in vigore e che sarà prorogato di un altro anno è del 6 per cento per i lavoratori con reddito fino a 35mila euro e del 7 per cento per chi ha un reddito non superiore a 25mila euro l’anno (1.923 euro al mese).
CAMBIA L’IRPEF: la novità del 2024 sarà l’accorpamento delle prime due aliquote dell’imposta sulle persone fisiche. Prevista dalla delega fiscale, la norma per la riduzione degli scaglioni da 4 a 3 sarà contenuta nel decreto attuativo che arriverà parallelamente alla legge di bilancio. Anche in questo caso l’obiettivo è favorire i redditi bassi e per questo sarà accorpata nell’aliquota del 23% (oggi riservata ai redditi fino a 15.000 euro) anche quella del 28% (oggi prevista da 15.001 a 28.000 euro). La riforma, sommata al taglio del cuneo, dovrebbe portare a un vantaggio in busta paga di circa 120 euro al mese. Il costo dell’intervento sull’Irpef è di 4,1 miliardi. Per l’anno 2024 in base alla revisione degli scaglioni fino a 28.000 euro di reddito l’aliquota è del 23 per cento, tra i 28.000 euro e fino a 50.000 euro è al 35 per cento e oltre i 50.000 euro è 43 per cento. Il beneficio dell’accorpamento viene sterilizzato per i redditi dai 50mila euro.
NO TAX AREA SALE A 8.500 EURO: nelle bozze si legge anche che si amplia fino a 8.500 euro la soglia di no tax area prevista per i redditi di lavoro dipendente, che viene parificata a quella già vigente a favore dei pensionati. Nel 2024 la detrazione prevista per i redditi da lavoro fino a 8mila euro è innalzata a 1.955 euro dai precedenti 1.880, si legge nelle bozze.
MINI-IRES E MINIMUM TAX: anche in questo caso facendo ricorso a un decreto legislativo, l’imposta sulle imprese dovrebbe scendere dal 24% al 15% per chi fa assunzioni con una maggiorazione prevista se si assumono giovani, donne o ex beneficiari del reddito di cittadinanza. L’aumento della deduzione sulle nuove assunzioni per il 2024 è accompagnato dall’abrogazione dell’Ace, l’agevolazione dell’aiuto alla crescita economica. Sono sei - secondo quanto si legge in un allegato della bozza - le categorie di lavoratori svantaggiate coinvolte dall’agevolazione: lavoratori molto svantaggiati; persone con disabilità, ex degenti di ospedali psichiatrici, anche giudiziari, i soggetti in trattamento psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti, i minori in età lavorativa in situazioni di difficoltà familiare, le persone detenute o internate negli istituti penitenziari, i condannati e gli internati ammessi alle misure alternative alla detenzione; donne di qualsiasi età con almeno due figli di età minore di diciotto anni o prive di un impiego; giovani ammessi agli incentivi all’occupazione giovanile; lavoratori con sede di lavoro situata in regioni che nel 2018 presentavano un prodotto interno lordo pro capite inferiore al 75% della media europea o comunque compreso tra il 75% e il 90%, e un tasso di occupazione inferiore alla media nazionale; ex beneficiari del reddito di cittadinanza che non integrino i requisiti per l’accesso all’Assegno di inclusione.
MINIMUM TAX: fronte entrate, per le multinazionali arriverà a partire dal primo gennaio la Global minimum tax al 15%, mentre per le aziende che torneranno in Italia dopo aver delocalizzato all’estero saranno previste agevolazioni ad hoc per il cosiddetto reshoring.
ADDIO ALL’ACCONTO DI NOVEMBRE: la novità riguarda da subito le partite Iva per le quali cambia il calendario degli adempimenti. Il tradizionale acconto di novembre scomparirà già quest’anno per circa 2,5 milioni di autonomi, piccoli artigiani e commercianti, ’selezionati’ in base ad una soglia di fatturato. Da novembre 2024 la platea raddoppierà perché l’eliminazione riguarderà tutti.
TAGLIO DETRAZIONI DA 260 EURO SOPRA I 50.000 EURO: nella bozza di decreto legislativo è previsto un taglio lineare alle detrazioni da 260 euro per chi ha un reddito “complessivo superiore a 50.000 euro”. A essere interessati dalla riduzione gli sconti del 19%, le erogazioni liberali a favore delle Onlus, dei partiti e del Terzo settore oltre alle detrazioni sui premi per l’assicurazione sulle calamità.
SPENDING E ALTRE COPERTURE: parte delle coperture arriverà dalla spending review che dovrebbe portare in dote almeno 2 miliardi per il prossimo anno. La revisione spetta ai singoli ministeri ma Giorgetti ha già messo in chiaro che ci penseranno le forbici del Mef (probabilmente con un taglio lineare del 5%) se ci sarà chi non fa i compiti. Nel menu potrebbe entrare anche la revisione delle tasse sui giochi online oltre all’anticipo della gara del Lotto.
LE ALTRE SPESE
CONTRASTO DENATALITA’: l’esecutivo stanzia 1 miliardi sulla denatalità (parte delle risorse risparmiate con l’assegno unico) in cui viene introdotto un ulteriore mese di congedo parentale al 60%, la decontribuzione per le mamme lavoratrici e l’aumento dei fondi per gli asili nido con l’obiettivo di rendere gratuita la quota per i secondi figli. Non viene però prorogata la misura che toglieva l’Iva sui prodotti per la prima infanzia. Per il sostegno ai redditi potrebbe arrivare la proroga della detassazione dei premi di produttività e dei fringe benefit fino a 2mila euro (per chi ha figli). Confermata per le famiglie più fragili la carta “Dedicata a te”.
PA-SANITA’: sul fronte contratti pubblici è atteso il rinnovo del contratto. Circolano in merito le ipotesi di uno stanziamento fino a 5 miliardi. Nell’avvio del percorso per rinnovo dei contratti del pubblico impiego relativo al triennio 2022-2024 il governo aveva detto che particolare attenzione verrebbe riservata al personale medico-sanitario. Tre miliardi sarebbero investiti sulla Sanità con lo scopo di ridurre le liste d’attesa.
PENSIONI: non ci saranno rivoluzioni al capitolo previdenza, che dovrebbe vedere subito la proroga di quota 103 e, se il pressing di Fi sarà soddisfatto, anche un nuovo mini-aumento per le pensioni minime. Per quanto riguarda le rivalutazioni: saranno al 100% le pensioni sino a 4 volte il minimo, al 90% tra 4 e 5 volte il minimo. Confermata la supervalutazione delle minime per gli over 75 anni.
ADDIO APE SOCIALE, ARRIVA FONDO FLESSIBILITA’: Ape sociale e Opzione Donna vengono sostituiti da un fondo unico per la flessibilità per consentire l’uscita anticipata dal lavoro a 63 anni con 36 anni di contributi per caregiver, disoccupati, lavori gravosi e disabili, 35 anni di contributi per le donne.
LE PENSIONI DEI GIOVANI: eliminato il vincolo che prevede che una persona che sta nel sistema contributivo possa andare in pensione solo se l’importo dell’assegno supera 1,5 volte la pensione sociale. Prima di questa norma, un lavoratore nel sistema contributivo non poteva andare in pensione prima dei 70 anni se il suo assegno non superava di 1,5 volte l’assegno sociale.
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