Migranti Il caso
ott 04

“Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. Mt. 2221

Gesù è entrato a Gerusalemme, acclamato dal popolo come il “Figlio di Davide”, venuto ad annunciare l’imminente avvento del Regno di Dio.

In questo contesto, si svolge un dialogo particolare tra Gesù e un gruppo di persone che lo interrogano. Alcuni erano erodiani, altri farisei, due gruppi con opinioni diverse sul potere dell’imperatore romano. Gli chiedono se ritiene lecito o meno pagare le tasse all’imperatore. Volevano costringerlo a schierarsi, in modo da avere sempre qualcosa da rimproverargli.

Ma Gesù risponde con un’altra domanda: di chi è l’effigie incisa sulla moneta? E, poiché questa effigie è quella dell’imperatore, Gesù risponde:

“Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.

Cosa è dovuto a Cesare e cosa a Dio?

Gesù ci ricorda il primato di Dio: come l’immagine dell’imperatore è incisa sulle monete romane, così in ogni essere umano è impressa l’immagine di Dio. La stessa tradizione rabbinica afferma che ogni essere umano è creato a immagine di Dio, utilizzando l’esempio dell’immagine incisa sulle monete: “Quando un uomo batte le monete con lo stesso timbro, sono tutte uguali, ma il Re dei re, il Santo - che sia benedetto - ha segnato ogni uomo con lo stesso timbro del primo uomo, e nessuno di loro è simile a un altro .

Quindi è solo a Dio che possiamo donarci, è solo a lui che apparteniamo, ed è solo in lui che troviamo libertà e dignità. Nessun potere umano può pretendere la stessa fedeltà.

Se c’è qualcuno che conosce Dio e può aiutarci a dargli il posto che gli spetta, è Gesù.

“Per lui amare significava fare la volontà del Padre, mettere a disposizione la propria mente, il proprio cuore, le proprie energie, persino la propria vita. Si è dato completamente al progetto del Padre. Il Vangelo ci mostra che era sempre rivolto verso il Padre [...]. Dio si aspetta questo amore totale anche da noi. Amare significa fare la volontà dell’Amato, senza mezze misure, con tutto il nostro essere [...]. Ci viene chiesto di farlo con tutto il nostro essere, perché a Dio non possiamo dare meno di tutto: tutto il nostro cuore, tutta la nostra anima, tutta la nostra mente.

“Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”.

Quante volte ci troviamo di fronte a scelte difficili e siamo tentati di cercare facili vie d’uscita. Anche Gesù è messo alla prova di fronte a due soluzioni, ma per lui la scelta è chiara: la priorità è l’avvento del regno di Dio, con l’amore al primo posto. Lasciamoci interrogare da questa Parola: il nostro cuore cerca la fama, le carriere folgoranti? Ammiriamo persone di successo e influencer? Diamo alle cose il posto che spetta a Dio?

Con la sua risposta, Gesù ci propone un salto di qualità, invitandoci a un serio discernimento della nostra scala di valori.

Nel profondo della nostra coscienza, possiamo sentire una voce, a volte sottile e forse dominata da altre voci. Tuttavia, possiamo riconoscerla: è la voce che ci spinge a cercare costantemente percorsi di fraternità e che ci incoraggia sempre a rinnovare questa scelta, anche a rischio di andare controcorrente.

È un esercizio fondamentale di dialogo autentico, per trovare insieme risposte adeguate alla complessità della vita. Non si tratta di sottrarsi alla responsabilità personale, ma di mettersi al servizio disinteressato del bene comune.

Durante la prigionia che lo portò all’esecuzione per la sua resistenza al nazismo, il pastore Dietrich Bonhoeffer scrisse alla sua fidanzata: “Non parlo di una fede che fugge dal mondo, ma di una fede che resiste nel mondo, che ama e rimane fedele alla terra, nonostante tutte le tribolazioni che essa ci porta. Il nostro matrimonio deve essere un sì alla terra di Dio, deve rafforzare il nostro coraggio di lavorare e creare qualcosa sulla terra. Temo che i cristiani che hanno il coraggio di stare con un piede sulla terra staranno con un piede anche in cielo.

Letizia Magri et la Commissione della Parola di vita

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