Il Papa: l’aborto è omicidio, la soluzione è stare vicini alle donne
Francesco Ognibene - da www.avvenire.it giovedì 14 ottobre 2021
Parlando ai farmacisti ospedalieri Francesco ha ricordato che «non è lecito diventarne complici» e che l’obiezione di coscienza è necessaria. È il suo terzo intervento sul tema in un mese e mezzo
L’aborto è «un omicidio e non è lecito diventarne complici». Per questo serve «l’obiezione di coscienza, che non è infedeltà, ma al contrario fedeltà alla vostra professione, se validamente motivata», ma è anche vero che «il nostro dovere è la vicinanza» alle donne «perché non si arrivi a pensare alla soluzione abortiva, perché in realtà non è la soluzione»: anzi, è una ferita che ha un «prezzo, tanto duro». Il Papa è tornato a parlare di interruzione di gravidanza ricevendo in udienza la Società italiana di farmacia ospedaliera. In un discorso che ha affrontato anche il valore di una professione sanitaria meno visibile di altre (e per questo Francesco ha ricordato la bellezza della «santità della porta accanto», di chi lavora con amore, senza «la gratificazione dell’apparire») e la responsabilità di destinare le risorse secondo riferimenti etici di giustizia sociale («i criteri gestionali e finanziari non sono l’unico elemento da prendere in considerazione. La cultura dello scarto non deve intaccare la vostra professione»), il Papa ha dedicato la parte centrale della riflessione all’aborto con argomenti chiari ma anche con un ragionamento articolato. Che merita di essere letto per esteso.
«Sul piano individuale - ha detto infatti Francesco - il farmacista, ciascuno di voi, adopera sostanze medicinali che possono trasformarsi in veleni. Qui si tratta di esercitare una costante vigilanza, perché il fine sia sempre la vita del paziente nella sua integralità. Voi siete sempre al servizio della vita umana. E questo può comportare in certi casi l’obiezione di coscienza, che non è infedeltà, ma al contrario fedeltà alla vostra professione, se validamente motivata. Oggi c’è un po’ la moda di pensare che forse sarebbe una buona strada togliere l’obiezione di coscienza. Ma guarda che questa è l’intimità etica di ogni professionista della salute e questo non va negoziato mai, è proprio la responsabilità ultima dei professionisti della salute. Ed è anche denuncia delle ingiustizie compiute ai danni della vita innocente e indifesa». Al Papa certo non sfugge la portata delle sue parole: «È un tema molto delicato, che richiede nello stesso tempo grande competenza e grande rettitudine. In particolare, sull’aborto ho avuto occasione di tornare anche recentemente. Sapete che su questo sono molto chiaro: si tratta di un omicidio e non è lecito diventarne complici. Detto questo, il nostro dovere è la vicinanza, il dovere positivo nostro: stare vicino alle situazioni, specialmente alle donne, perché non si arrivi a pensare alla soluzione abortiva, perché in realtà non è la soluzione». E ha confidato la sua esperienza personale di confessore: «Poi la vita dopo dieci, venti, trent’anni ti passa il conto. E bisogna stare in un confessionale per capire il prezzo, tanto duro, di questo».
3 interventi in poco tempo. A Radio Cope: «Lo dice la scienza, è vita umana»
È la terza volta in poco tempo che papa Francesco interviene sull’aborto. Il 1° settembre in una lunga intervista alla radio spagnola Cope aveva detto che «in qualsiasi manuale di embriologia dato a uno studente di medicina alla scuola di medicina si dice che, nella terza settimana di concepimento, a volte prima che la madre si renda conto [di essere incinta], tutti gli organi dell’embrione sono già delineati, anche il Dna. È una vita. È una vita umana. Alcuni dicono che non è una persona, ma è una vita umana! Così, di fronte a una vita umana, mi pongo due domande: è lecito eliminare una vita umana per risolvere un problema? Seconda domanda: è giusto assumere un sicario per risolvere un problema? È con queste due domande che si risolvono i casi di eliminazione della gente, da una parte o dall’altra, perché sono un peso per la società».
Di ritorno dalla Slovacchia: «La Chiesa non può accettare l’omicidio»
Concetti ribaditi e ampliati il 15 settembre dialogando con i giornalisti su volo di ritorno dal suo viaggio apostolico in Ungheria e Slovacchia: «L’aborto è più di un problema, l’aborto è un omicidio - aveva detto rispondendo a una domanda sull’accesso alla Comunione dei politici cattolici favorevoli all’interruzione volontaria di gravidanza -. L’aborto… senza mezze parole: chi fa un aborto, uccide. Prendete voi qualsiasi libro di embriologia, di quelli che studiano gli studenti nelle facoltà di medicina. La terza settimana dal concepimento, alla terza settimana, tante volte prima che la mamma se ne accorga, tutti gli organi stanno già lì, tutti, anche il Dna. Non è una persona? È una vita umana, punto. E questa vita umana va rispettata. Questo principio è così chiaro, e a chi non può capirlo io farei due domande: è giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? Scientificamente è una vita umana. Seconda domanda: è giusto affittare un sicario per risolvere un problema? (…) Non andare con questioni strane. Scientificamente è una vita umana. I libri ci insegnano. Io domando: è giusto farla fuori, per risolvere un problema? Per questo la Chiesa è così dura su questo argomento, perché, se accetta questo, è come se accettasse l’omicidio quotidiano. Mi diceva un Capo di Stato che il calo della popolazione è incominciato da loro, hanno un vuoto dell’età, perché in quegli anni c’è stata una legge sull’aborto così forte che hanno fatto sei milioni di aborti, si calcolano, e questo ha lasciato un calo molto grande nella società di quel Paese».
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