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Trecento anni da Passionisti. Papa Francesco: rinnovate la vostra missione

Andrea Galli  - da www.avvenire.it venerdì 20 novembre 2020

È la sera fredda e umida del 22 novembre 1720, quando nell’episcopio di Alessandria il vescovo Francesco Maria Arboreo di Gattinara riveste della tunica di penitente Paolo Francesco Danei

È la sera fredda e umida del 22 novembre 1720, quando nella cappella dell’episcopio di Alessandria il vescovo Francesco Maria Arboreo di Gattinara riveste della tunica di penitente un giovane uomo, Paolo Francesco Danei. Ha un aspetto che si impone per la sua gravità nonostante i 26 anni. Originario di Ovada, nato in una famiglia di commercianti molto credenti, a 19 anni ha avuto un risveglio alla fede che ha segnato una cesura con il mondo in cui è cresciuto.

Pochi mesi prima, nell’estate del 1720, ha visto interiormente se stesso vestito di una tonaca nera con il nome «Jesu» in lettere bianche. Il 23 novembre, il giorno dopo quella vestizione, Paolo si ritira per 40 giorni in una cella annessa alla sacrestia della chiesa di San Carlo a Castellazzo Bormida, nell’Alessandrino. Lì scrive un suo diario mistico e la prima regola di quella che diventerà poi - dopo grandi fatiche, resistenze e ostacoli - la Congregazione della Passione di Gesù Cristo, i cui membri saranno conosciuti come Passionisti. E il cui fondatore sarà venerato come san Paolo della Croce.

In ricordo di quegli avvenimenti domenica prende il via uno speciale Giubileo per il terzo centenario della congregazione. Il via sarà alle 10.30 nella Basilica romana dei Santi Giovanni e Paolo, in cui si terrà il rito di apertura della Porta Santa seguito dalla Messa presieduta dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin.

Ieri papa Francesco per l’occasione ha inviato un messaggio ai Passionisti attraverso il loro superiore generale, padre Joachim Rego, religioso nato in Myanmar e che rappresenta il volto internazionale di una famiglia religiosa presente in una sessantina di Paese. Francesco ricorda all’inizio della sua lettera la necessità di confrontarsi «con i particolari bisogni della storia», motivo per cui «affinché il carisma perduri nel tempo, è necessario renderlo aderente alle nuove esigenze, tenendo viva la potenza creativa degli inizi».

Poi si concentra sulle tre parole scelte dai Passionisti per il loro Anno centenario: «gratitudine, profezia e speranza».

«La gratitudine è l’esperienza che vive il passato nell’atteggiamento del Magnificat e cammina verso il futuro in atteggiamento eucaristico» spiega Bergoglio, «la vostra gratitudine è frutto della memoria passionis». «La profezia è pensare e parlare nello Spirito, possibile a chi vive la preghiera come respiro dell’anima».

La speranza è invece «vedere nel seme che muore la spiga che rende il trenta, il sessanta, il cento per cento». Ovvero, dice con schiettezza il Papa, «si tratta di percepire che nelle vostre comunità religiose e parrocchiali, sempre più assottigliate, continua l’azione generatrice dello Spirito, che rende certi della misericordia del Padre che non ci abbandona. Speranza è gioire per quello che c’è, invece che lamentarsi per quello che manca».

«Auspico che i membri del vostro Istituto possano sentirsi marcati a fuoco» continua Bergoglio, come san Paolo della Croce che definiva la Passione di Gesù «la più grande e stupenda opera dell’amore di Dio» e «di quell’amore si sentiva bruciare e avrebbe voluto incendiare il mondo con l’attività missionaria personale e dei suoi compagni».

Infine un appello a indirizzare l’istanza missionaria della congregazione - «Rinnovare la nostra missione» è l’altra parte dello slogan giubilare - soprattutto verso «i crocifissi di questa nostra epoca: i poveri, i deboli, gli oppressi e gli scartati dalle molteplici forme di ingiustizia». Ricordando che «non è possibile convincere gli altri dell’amore di Dio solo attraverso un annuncio verbale e informativo. Occorrono gesti concreti che facciano sperimentare quest’amore nel nostro stesso amore che si dona condividendo le situazioni crocifisse, anche spendendo la vita sino alla fine…».

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