Voghera, lì 9/12/2010
Agli amici e volontari del CAV
LL.II.
Carissimi, amici, sostenitori, volontarie e volontari del C.A.V. di Voghera, scrivo a tutti e a ciascuno per ringraziarVi a nome dell’associazione, dei bambini assistiti e delle loro mamme per tutte le risorse umane e materiali che avete donato quest’anno e per augurarVi un Buon Santo Natale e un sereno anno nuovo 2011.
Per farlo … Vi propongo trepidante: un altro mio racconto natalizio.
Ora inizia il racconto.
La maestra di un paesino delle nostre colline dell’Oltrepò aveva assegnato ai suoi alunni una ricerca particolare per le vacanze di Natale: “Qual è la cosa più importante del Presepe?”
Sembrava fin troppo facile rispondere, ma riflettendo bene e dovendo limitarsi alle sole cose, escludendo i personaggi e gli animali, agli alunni sembrava rimanessero soltanto: la fontanella, il laghetto argentato, il muschio e le stelle.
Luigino e Francesco, compagni di banco, non ci pensarono due volte ed andarono a far visita al sig. Guglielmo, un anziano contadino della loro frazione che possedeva un libro importante: il libro delle leggende di Natale.
La domanda della maestra fu così riferita anche a nonno Guglielmo ed egli, subito disponibile, prese il suo libro ed iniziò a sfogliarlo.
“Conoscete la storia del cedro della gioia abbattuto dal fulmine e dalla cattiveria?”. Luigino Francesco rimasero sbigottiti, forse il nonno stava andando decisamente fuori tema, ma rispettosamente stettero ad ascoltarlo.
Trovata la pagina giusta il vecchio contadino, dopo essersi aggiustato gli occhiali, iniziò a leggere.
Molto più di duemila anni fa a circa otto chilometri a sud-ovest di Gerusalemme, si trovava su una collina un piccolo villaggio, Betlemme.
Alla sua periferia era situato un piccolo bosco con diversi tipi di piante: cipressi, sicomori, cedri ed acacie. Sotto al boschetto vi era una grotta e lì vicino passava un sentiero che conduceva in direzione di Nàzaret.
Tra tutte le piante, si ergeva maestoso un cedro che con la sua ombra accoglieva pastori e pecore durante le giornate più calde d’estate e quando soffiava il vento riusciva a trattenerlo per un attimo fra i suoi rami e a liberarlo formando un suono melodioso che riempiva di gioia il cuore dei passanti.
Per questi motivi i pastori di Betlemme avevano dato anche un nome a quel bellissimo cedro, lo chiamavano infatti “il cedro della gioia”.
Un pomeriggio d’estate ci fu un violentissimo temporale, il cielo si rannuvolò al punto che sembrava già notte e in quelle fitte tenebre un lampo potentissimo colpì il cedro aprendolo in quattro come fosse una buccia di banana e dandogli fuoco.
Mentre quasi tutti i rami bruciavano si mise a piovere e l’acqua provvidenzialmente riuscì a spegnere l’incendio, ma quale desolante spettacolo faceva di sé quella povera pianta!
Nei giorni successivi, i pastori dopo essersi inizialmente dispiaciuti, commentarono quel fatto parlando di sventure e maledizioni che si erano abbattute su quella pianta che aveva così protetto le case di Betlemme.
Qualche mese dopo un centurione romano, passando con un carretto per la raccolta del legname, ordinò ai suoi soldati di tagliare i rami ancora utilizzabili e di portarli al suo magazzino.
Da quel giorno, spogliato anche dei suoi pochi rami utili, il cedro della gioia divenne inguardabile, chi gli passava vicino preferiva girarsi e guardare altrove.
Solo un anziano pastore un giorno decise di togliere definitivamente dal margine del sentiero ogni traccia di quella pianta sfortunata, che aveva però allietato i migliori anni della giovinezza, così raccolse tutta la legna rimasta e la trasportò dentro la grotta lì vicina.
Con le schegge di legno levigate dal fulmine costruì una vasca dove poter raccogliere il fieno d’estate.
Quella vasca fatta con il legno del cedro della gioia dopo qualche anno fu utilizzata definitivamente come mangiatoia della grotta.
Ma in una notte, molti anni dopo, accadde un fatto strepitoso. Mentre i pastori facevano la guardia al loro gregge sulla collina, una grande luce li avvolse e alcuni di loro ricordando quella del fulmine che si era abbattuto sul cedro, furono presi da grande spavento, ma questa volta invece del tuono, udirono una voce angelica che diceva loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo; oggi nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce , adagiato in una mangiatoia”. I Pastori si consultarono subito tra loro e uno disse: “Io so dove si trova la mangiatoia, è quella che mio padre ha costruito con le schegge di legno del cedro della gioia, è nella grotta sul sentiero che porta a Nàzaret, è qui vicino, andiamo! Cosa aspettiamo ancora, il Salvatore è lì!”.
E quando i pastori arrivarono alla grotta trovarono Maria e Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia.
A questo punto Luigino e Francesco che erano stati in silenzioso ascolto di nonno Guglielmo esplosero in un’acclamazione: “allora la cosa più importante del Presepe è la mangiatoia costruita con le schegge del cedro della gioia!”.
“Penso proprio di sì” disse il vecchio contadino richiudendo lentamente e solennemente il suo librone.
Subito dopo aggiunse: ”Luigino, Francesco, ricordatevi che quando Dio ci dona la sua gioia, nessuno può togliercela completamente, e che basta anche una piccolissima parte di quella gioia per raccogliere nei nostri cuori Gesù tutto intero e ritrovarci per merito suo al centro di una realtà più grande di noi, di ogni nostra sfortuna, disgrazia emarginazione.
Gesù viene nei cuori a forma di mangiatoia, basta conservare sempre per Lui, un po’ della Gioia che lui stesso ci ha donato”.
Intervenne a questo punto Francesco: “e quando troviamo Gesù, siamo in compagnia anche di Maria, San Giuseppe e tutti gli angeli”?. Rispose Guglielmo: ”proprio così!”.
“Allora quel fulmine non fu proprio una disgrazia per il cedro della gioia?” disse Luigino.
E’ vero rispose Guglielmo: ma se non ci fosse stato quel pastore che ha raccolto le schegge portandole nella grotta? Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che creda in noi quando siamo in difficoltà, tutti dobbiamo aiutarci a superare le difficoltà della vita, nessuno si salva da solo!
“Grazie Guglielmo, Buon Natale e felice anno nuovo!”.
Sull’uscio della vecchia cascina Luigino si girò e domandò ancora: “e i rami portati via dal centurione romano, che fine hanno fatto?”.
Guglielmo sorridente, rivolgendosi ai ragazzi rispose: “anche alcuni di loro diventeranno famosi, ma questa è un’altra storia, tornate a trovarmi a Pasqua e ve la racconterò, per oggi vi basti così, Buon Natale a voi e alle vostre famiglie”.
Il volontario-presidente
Luigi Ermano
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