“Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore” (Lc 12,34).
Il “cuore” è ciò che abbiamo di più intimo, nascosto, vitale; il “tesoro” è ciò che ha più valore, che ci dà sicurezza per l’oggi e per il futuro. Il “cuore” è anche la sede dei nostri valori, la radice delle nostre scelte concrete; è il luogo segreto in cui ci giochiamo il senso della vita: a cosa diamo veramente il primo posto?
Quale è il nostro “tesoro”, per il quale siamo capaci di trascurare tutto il resto?
Nella società consumistica di stampo occidentale, tutto ci spinge ad accumulare beni materiali, a concentrarci sui nostri bisogni, a disinteressarci delle necessità altrui, in nome del benessere e dell’efficienza individuale. Eppure già l’evangelista Luca, in un contesto culturale molto diverso, riporta queste parole di Gesù, come un insegnamento decisivo ed universale, per uomini e donne di ogni tempo e di ogni latitudine.
“Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Il vangelo di Luca sottolinea con forza la necessità di una scelta radicale, definitiva e tipica del discepolo di Gesù: è Dio Padre il vero Bene, ciò che deve occupare tutto il cuore del cristiano, sull’esempio di Gesù stesso. Questa scelta esclusiva porta con sé l’abbandono fiducioso al Suo amore e la possibilità di diventare davvero “ricchi”, perché figli di Dio ed eredi del suo Regno.
È una questione di libertà: non farci possedere dai beni materiali, ma piuttosto esserne noi realmente i padroni. La ricchezza materiale, infatti, può occupare il “cuore” e generare una crescente ansia di possedere ancora, una vera e propria dipendenza. L’elemosina invece, a cui siamo esortati in questo brano del vangelo (1), è una questione di giustizia, dettata dalla misericordia, che alleggerisce il “cuore” e apre all’uguaglianza fraterna.
Ogni cristiano personalmente e tutta la comunità dei credenti possono sperimentare la vera libertà attraverso la condivisione dei beni, materiali e spirituali, con quanti ne hanno bisogno: è questo lo stile di vita cristiano che testimonia la vera fiducia nel Padre e mette fondamenta solide alla civiltà dell’amore.
“Perché, dov’è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore”.
Per liberarci dalla schiavitù dell’avere, è illuminante il suggerimento di Chiara Lubich: «Perché Gesù insiste tanto sul distacco dai beni, fino a farne una condizione indispensabile per poterlo seguire? Perché la prima ricchezza della nostra esistenza, il tesoro vero è Lui! [...] Egli ci vuole liberi, con l’anima sgombrata da ogni attaccamento e da ogni preoccupazione, così da poterlo amare veramente con tutto il cuore, la mente e le forze. [...] Ci chiede di rinunciare agli averi anche perché vuole che ci apriamo agli altri [...]. Il modo più semplice di “rinunciare” è “dare”. Dare a Dio amandolo. [...] E per dimostrargli quest’amore amiamo i nostri fratelli e sorelle, pronti a giocare tutto per loro. Anche se non ci può sembrare, abbiamo tante ricchezze da mettere in comune: abbiamo affetto nel cuore da dare, cordialità da esternare, gioia da comunicare; abbiamo tempo da mettere a disposizione, preghiere, ricchezze interiori da mettere in comune; abbiamo a volte cose, libri, vestiti, automezzi, soldi [...] Doniamo senza troppi ragionamenti: “Ma questa cosa mi può servire in tale o tal altra occasione [...]“. Tutto può essere utile, ma intanto, assecondando questi suggerimenti, si infiltrano nel nostro cuore tanti attaccamenti e si creano sempre nuove esigenze. No, cerchiamo di avere soltanto quello che occorre. Facciamo attenzione a non perdere Gesù per una somma accantonata, per qualche cosa di cui possiamo fare a meno».(2)
Marisa ed Agostino, sposati da trentaquattro anni, raccontano: «Dopo otto anni di matrimonio tutto andava a gonfie vele: la casa e il lavoro erano proprio come li desideravamo, ma arriva la proposta di trasferirci dall’Italia in un Paese dell’America Latina, per sostenere una giovane comunità cristiana. Entrambi, fra le mille voci della trepidazione, dell’incognita per il futuro, delle persone che ci dicevano che eravamo pazzi, ne sentivamo una in particolare, che ci dava una grande pace: quella di Gesù che ci proponeva: “Vieni e seguimi”. L’abbiamo fatto. Così ci siamo trovati in un ambiente completamente diverso da quello a cui eravamo abituati. Ci mancavano tante cose, ma sentivamo che in cambio ne trovavamo altre, come la ricchezza del rapporto con tante persone. È stata fortissima anche l’esperienza della Provvidenza: una sera avevamo organizzato una piccola festa ed ogni famiglia portava qualcosa di tipico per la cena. Noi eravamo appena tornati da un viaggio in Italia con un bel pezzo di formaggio parmigiano. Combattuti fra il desiderio di condividerne una parte con le famiglie e il pensiero che presto saremmo stati nuovamente senza, ci siamo ricordati la frase di Gesù: “Date e vi sarà dato…”(Lc 6,38). Ci siamo guardati e ci siamo detti: abbiamo lasciato la patria, il lavoro, i parenti, ed ora ci attacchiamo ad un pezzo di formaggio. Ne abbiamo tagliato un pezzo e lo abbiamo portato. Due giorni dopo suona il campanello di casa: era un turista che non conoscevamo, amico di nostri amici, che ci portava un pacco da parte loro. Apriamo: era un grosso pezzo di parmigiano. Quella promessa di Gesù: “…una misura scossa e traboccante vi sarà versata in grembo” è proprio vera».
Letizia Magri
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