dic 09

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Si comunica che

OGNI  PRIMO VENERDI’ DEL MESE

alle ore 16.00 presso la CAPPELLA

DELL’OSPEDALE CIVILE DI VOGHERA

si terrà un incontro di preghiera per la VITA

dic 09

33^ GIORNATA PER LA VITA

“Educare alla pienezza della Vita”

cicogna con bebèSi comunica che il giorno

Domenica 6 febbraio 2011

- alle ore 16.00 presso la Cappella dell’Ospedale Civile di Voghera verrà recitato il Rosario per  la Vita

- alle ore 18.00 presso la Parrocchia dei Padri Barnabiti  sarà celebrata la S. Messa presieduta da S.E. Mons.  Martino Canessa  Vescovo di Tortona

 

 

“L’educazione è la sfida e il compito urgente a cui tutti siamo chiamati, ciascuno secondo il ruolo proprio e la specifica vocazione. Auspichiamo e vogliamo impegnarci per educare alla pienezza della vita, sostenendo e facendo crescere, a partire dalle nuove generazioni, una cultura della vita che la accolga e la custodisca dal concepimento al suo termine naturale e che la favorisca sempre, anche quando è debole e bisognosa di aiuto.  Continua a leggere

dic 03

La parola di Dio fa vivere:

da 2000 anni risuona per la terra ed il cielo.

 

Chiesi a Dio d’esser forte

per eseguire progetti grandiosi:

Egli mi rese debole per conservarmi nell’umiltà.

Domandai a Dio che mi desse la salute

per realizzare grandi imprese:

Egli mi ha dato il dolore per comprenderla meglio.

Gli domandai la ricchezza per possedere tutto:

mi ha fatto povero per non essere egoista.

Gli domandai il potere

perché gli uomini avessero bisogno di me:

Egli mi ha dato l’umiliazione

perché io avessi bisogno di loro.

Domandai a Dio tutto per godere la vita:

Mi ha lasciato la vita

perché potessi apprezzare tutto.

Signore, non ho ricevuto niente

di quello che chiedevo,

ma mi hai dato tutto quello di cui avevo bisogno e

quasi contro la mia volontà.

Le preghiere che non feci furono esaudite.

 

Sii lodato; o mio Signore, fra tutti gli uomini

nessuno possiede quello che ho io!

 

Nelle nostre società i re sono passati di moda,

ma l’amore di Dio rimarrà sempre

il dono regale di Dio all’uomo

Auguri di un Santo Natale

 
 

 

dic 02


 

 

 

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Comune di Voghera

Commissione Comunale per le Pari Opportunità

 

INVITO AL CONVEGNO

 

Le Vite Nascoste delle donne”


 

Il giorno 4 dicembre 2010 alle ore 15

Al Museo Storico c/o Ex Caserma Cavalleria – Via Gramsci

 

Saluti delle autorità

 

IANNELLO  Dott. Giancarlo

Direttore Sociale A.S.L. Pavia

 

DAGLIA Dott.ssa Annita 

Ass.re Provinciale alla Solidarietà e Pari Opportunità

 

RONDINONE Dott.ssa Maria Carmela 

Sostituto Commissario Questura di Pavia

 

RICCABONE Dott.ssa Ilaria

Maresciallo Carabinieri Stazione di Voghera

 

LOCONTE Dott.ssa Micaela

Psicoterapeuta – Ass. Famiglie Nuove

 

        SARTORI Avv. Marco

Vice Presidente  A.S.P. C. Pezzani – Consultorio La Nuova Aurora

 

        moderatrice: DI MATTEO Dott.ssa Antonella 

Presidente Provinciale Centro Italiano Femminile

rosa-focolarini                                                         Assessore alla Cultura e Pari Opportunità

Dott.ssa Marina Azzaretti

 

dic 02

“Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37)

dicembre 2010

 La domanda di Maria, all’annuncio dell’Angelo: “Com’è possibile questo?”  ebbe come risposta: “Nulla è impossibile a Dio” e, a riprova di ciò, le venne portato l’esempio di Elisabetta, che nella sua vecchiaia aveva concepito un figlio. Maria credette e divenne la Madre del Signore.
Dio è onnipotente: questo suo nome si incontra frequentemente nella Sacra Scrittura ed è usato quando si vuole esprimere la potenza di Dio nel benedire, nel giudicare, nel dirigere il corso degli eventi, nel realizzare i suoi disegni. Continua a leggere

nov 07

«Il mondo ha bisogno di una cura di Vangelo. Ecco perché viviamo la Parola di Vita. Una sola potrebbe mutare il mondo. E tutti la possono vivere, perché Gesù è la luce per ogni uomo.»

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8)

La predicazione di Gesù si apre col discorso della montagna. Davanti al lago di Tiberiade su una collina nei pressi di Cafarnao, seduto, come usavano fare i maestri, Gesù annuncia alle folle l’uomo delle beatitudini. Più volte nell’Antico Testamento risuonava la parola “beato” e cioè l’esaltazione di colui che adempiva, nei modi più vari, la Parola del Signore.
    Le beatitudini di Gesù riecheggiavano in parte quelle che i discepoli già conoscevano; ma per la prima volta essi sentivano che i puri di cuore, non solo, come cantava il Salmo, erano degni di salire sul monte del Signore , ma addirittura potevano vedere Dio. Quale era dunque quella purezza così alta da meritare tanto? Gesù l’avrebbe spiegato più volte nel corso della sua predicazione. Cerchiamo perciò di seguirlo per attingere alla fonte dell’autentica purezza.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

    Anzitutto, secondo Gesù, vi è un mezzo sovrano di purificazione: “Voi siete già mondi in virtù della Parola che vi ho annunziato” . Non sono tanto degli esercizi rituali a purificare l’animo, ma la sua Parola. La Parola di Gesù non è come le parole umane. In essa è presente Cristo, come, in altro modo, è presente nell’Eucaristia. Per essa Cristo entra in noi e, finché la lasciamo agire, ci rende liberi dal peccato e quindi puri di cuore.
    Dunque la purezza è frutto della Parola vissuta, di tutte quelle Parole di Gesù che ci liberano dai cosiddetti attaccamenti, nei quali necessariamente si cade, se non si ha il cuore in Dio e nei suoi insegnamenti. Essi possono riguardare le cose, le creature, se stessi. Ma se il cuore è puntato su Dio solo, tutto il resto cade.
    Per riuscire in questa impresa, può essere utile, durante la giornata, ripetere a Gesù, a Dio, quell’invocazione del Salmo che dice: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene!” . Proviamo a ripeterlo spesso, e soprattutto quando i vari attaccamenti vorrebbero trascinare il nostro cuore verso quelle immagini, sentimenti e passioni che possono offuscare la visione del bene e toglierci la libertà.
    Siamo portati a guardare certi cartelloni pubblicitari, a seguire certi programmi televisivi? No, diciamogli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” e sarà questo il primo passo che ci farà uscire da noi stessi, ri-dichiarando il nostro amore a Dio. E così avremo acquistato in purezza.
    Avvertiamo a volte che una persona o un’attività si frappongono, come un ostacolo, fra noi e Dio e inquinano il nostro rapporto con Lui? E’ il momento di ripeterGli: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene”. Questo ci aiuterà a purificare le nostre intenzioni e a ritrovare la libertà interiore.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”

    La Parola vissuta ci rende liberi e puri perché è amore. E’ l’amore che purifica, con il suo fuoco divino, le nostre intenzioni e tutto il nostro intimo, perché il “cuore” secondo la Bibbia è la sede più profonda dell’intelligenza e della volontà. Ma c’è un amore che Gesù ci comanda e che ci permette di vivere questa beatitudine. E’ l’amore reciproco, di chi è pronto a dare la vita per gli altri, sull’esempio di Gesù. Esso crea una corrente, uno scambio, un’atmosfera la cui nota dominante è proprio la trasparenza, la purezza, per la presenza di Dio che, solo, può creare in noi un cuore puro . E’ vivendo l’amore scambievole che la Parola agisce con i suoi effetti di purificazione e di santificazione.
    L’individuo isolato è incapace di resistere a lungo alle sollecitazioni del mondo, mentre nell’amore vicendevole trova l’ambiente sano, capace di proteggere la sua purezza e tutta la sua autentica esistenza cristiana.

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

    Ed ecco il frutto di questa purezza, sempre riconquistata: si può “vedere” Dio, cioè capire la sua azione nella nostra vita e nella storia, sentire la sua voce nel cuore, cogliere la sua presenza là dove è: nei poveri, nell’Eucaristia, nella sua Parola, nella comunione fraterna, nella Chiesa. E’ un pregustare la presenza di Dio che comincia già da questa vita “camminando nella fede e non ancora in visione”  fino a quando “vedremo faccia a faccia”  eternamente.

Chiara Lubich

ott 29

Sito: www.cav-voghera.it

facebook: Cav vogherese

e-mail: cavvoghera@virgilio.it

CENTRO DI ACCOGLIENZA ALLA VITA VOGHERESE

Via Mentana, 43

27058 VOGHERA

Tel. cell. 349 4026282

cav4

CHE COSA E’ IL CENTRO DI ACCOGLIENZA ALLA VITA?

E’ un servizio di volontariato a disposizione della donna che si trovi in difficoltà a causa di una maternità difficile.

CHI PUO’ RIVOLGERSI AL CENTRO DI ACCOGLIENZA ALLA VITA?

Ogni donna in una situazione difficile per la sua maternità

- la ragazza non sposata che attende un figlio

- la donna già madre che aspetta un altro bambino e ha bisogno di aiuto

Ogni donna che ha paura di un figlio, che non riesce ad accettarlo, che lo sente come un problema

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ott 14

“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mt 22,39)

ottobre 2010

 

Questa Parola la si trova già nell’Antico Testamento (2). Per rispondere ad una domanda, Gesù si inserisce nella grande tradizione profetica e rabbinica che era alla ricerca del principio unificatore della Torah, e cioè dell’insegnamento di Dio contenuto nella Bibbia. Rabbi Hillel, un suo contemporaneo, aveva detto: “Non fare al prossimo tuo ciò che è odioso a te, questa è tutta la legge. Il resto è solo spiegazione” (3).
Per i maestri dell’ebraismo l’amore del prossimo deriva dall’amore a Dio che ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, per cui non si può amare Dio senza amare la sua creatura: questo è il vero motivo dell’amore del prossimo, ed è “un grande e generale principio nella legge” (4).
Gesù ribadisce questo principio e aggiunge che il comando di amare il prossimo è
simile al primo e più grande comandamento, quello cioè di amare Dio con tutto il cuore, la mente e l’anima. Affermando una relazione di somiglianza fra i due comandamenti Gesù li salda definitivamente e così farà tutta la tradizione cristiana; come dirà lapidariamente l’apostolo Giovanni: “Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede” (5).

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”

Prossimo – lo dice chiaramente tutto il Vangelo – è ogni essere umano, uomo o donna, amico o nemico, al quale si deve rispetto, considerazione, stima. L’amore del prossimo è universale e personale al tempo stesso. Abbraccia tutta l’umanità e si concreta in colui-che-ti-sta-vicino.
Ma chi può darci un cuore così grande, chi può suscitare in noi una tale benevolenza da farci sentire vicini – prossimi – anche coloro che sono più estranei a noi, da farci superare l’amore di sé, per vedere questo sé negli altri?  E’ un dono di Dio, anzi è lo stesso amore di Dio che “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (6).
Non è quindi un amore comune, non una semplice amicizia, non la sola filantropia, ma quell’amore che è versato sin dal battesimo nei nostri cuori: quell’amore che è la vita di Dio stesso, della Trinità beata, al quale noi possiamo partecipare.
Dunque l’amore è tutto, ma per poterlo vivere bene occorre conoscere le sue qualità che emergono dal Vangelo e dalla Scrittura in genere e che ci sembra poter riassumere in alcuni aspetti fondamentali.
Per prima cosa Gesù, che è morto per tutti, amando tutti, ci insegna che il vero amore va indirizzato a tutti. Non come l’amore che viviamo noi tante volte, semplicemente umano, che ha un raggio ristretto: la famiglia, gli amici, i vicini… L’amore vero che Gesù vuole non ammette discriminazioni: non distingue tanto la persona simpatica dall’antipatica, non c’è per esso il bello, il brutto, il grande o il piccolo; per questo amore non c’è quello della mia patria o lo straniero, quello della mia Chiesa o di un’altra, della mia religione o di un’altra. Tutti ama quest’amore. E così dobbiamo fare noi: amare tutti.
L’amore vero, ancora, ama per primo, non aspetta di essere amato, come in genere è dell’amore umano: si ama chi ci ama. No, l’amore vero prende l’iniziativa, come ha fatto il Padre quando, essendo noi ancora peccatori, quindi non amanti, ha mandato il Figlio per salvarci.
Quindi: amare tutti e amare per primi.
E ancora: l’amore vero vede Gesù in ogni prossimo: “L’hai fatto a me” ci dirà Gesù al giudizio finale (7). E ciò vale per il bene che facciamo e anche per il male purtroppo.
L’amore vero ama l’amico e anche il nemico: gli fa del bene, prega per lui.
Gesù vuole anche che l’amore, che egli ha portato sulla terra, diventi reciproco: che l’uno ami l’altro e viceversa, sì da arrivare all’unità.
Tutte queste qualità dell’amore ci fanno capire e vivere meglio la parola di vita di questo mese.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

Sì, l’amore vero ama l’altro come se stesso. E ciò va preso alla lettera: occorre proprio vedere nell’altro un altro sé e fare all’altro quello che si farebbe a sé stessi. L’amore vero è quello che sa soffrire con chi soffre, godere con chi gode, portare i pesi altrui, che sa, come dice Paolo, farsi uno con la persona amata. E’ un amore, quindi, non solo di sentimento, o di belle parole, ma di fatti concreti.
Chi ha un altro credo religioso cerca pure di fare così per la cosiddetta “regola d’oro” che ritroviamo in tutte le religioni. Essa vuole che si faccia agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Gandhi la spiega in modo molto semplice ed efficace: “Non posso farti del male senza ferirmi io stesso” (8).
Questo mese, dunque, deve essere un’occasione per rimettere a fuoco l’amore del prossimo, che ha così tanti volti: dal vicino di casa, alla compagna di scuola, dall’amico alla parente più stretta. Ma ha anche i volti di quell’umanità angosciata che la TV porta nelle nostre case dai luoghi di guerra e di catastrofi naturali. Una volta erano sconosciuti e lontani mille miglia. Ora sono divenuti anch’essi nostri prossimi.
L’amore ci suggerirà volta per volta cosa fare, e dilaterà a poco a poco il nostro cuore sulla misura di quello di Gesù.

 

Chiara Lubich

 

 

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set 23

p1120064s1053213p1120054Loppiano    12 settembre 2010

 

 

Domenica, 12 settembre 2010, l’M.C.L. in gita con i Focolarini alla cittadella di Loppiano .

Loppiano, disposta in modo sparso su una verdissima collina toscana, è la sede internazionale del Movimento dei Focolari , fondato da Chiara Lubich.

Un posto speciale dove tutti, nella quotidianità del lavoro, dello studio, dell’ imprenditoria, della vita relazionale e sociale, cercano di vivere il Vangelo con tanto impegno perché la fragilità e le debolezze umane sono presenti in ognuno.

Ma non al punto di impedire uno stile di vita improntato alla fraternità.

s1053224Ragazzi, ragazze, operai, laureati, imprenditori, religiosi e famiglie che operano a Loppiano si muovono per muovere il mondo verso la Pace e verso

” la gioia piena “.

Visita delle strutture, contatto con giovani focolarini, S. Messa, pranzo al sacco, sosta al polo dell’ economia condivisa.

Una gita da cui nessuno è tornato a casa uguale a prima di partire .

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UN SOGNO

Ho fatto un sogno.

Era incredibile.                                                              

Era un posto fantastico.

Camminavo in pace e sereno.

L’ambiente entusiasmava.

L’atmosfera riempiva l’ anima.

Mi sentivo in pace e sereno.

Tutto era puro e leggero.

Mi sono domandato cosa potesse rendere tutto così magico.

Non ho trovato risposte.

Poi ho incontrato gente e ho capito.

Gente felice, serena.

Gente con la gioia negli occhi.

Gente che saluta e sorride.

Gente che parla con te.

Gente che s’interessa a tè ,che t’ascolta.

Gente a cui non chiedi perché dà.

Gente che dona il suo tempo

Gente che ti bacia e ti abbraccia.

Gente che ti da la mano.

Gente che non guarda chi sei,perchè sei come lei.

Gente in stato di grazia.

Gente che crea armonia .

Gente che crea benessere attorno a sé.

Allora stupito mi sono chiesto: “Che posto può mai essere questo? forse la città della Speranza?

Mi sono svegliato e ho trovato la: “CITTA’ DELLA FRATERNITA”

 

Ero a LOPPIANO.

 

 

 

 

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set 02

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette” (Mt 18,22)

Settembre 2010

Gesù con queste sue parole risponde a Pietro che, dopo aver ascoltato cose meravigliose dalla sua bocca, gli ha posto questa domanda: “Signore, quante volte dovrò perdonare a mio fratello, se pecca contro di me? fino a sette volte?”. E Gesù: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”.

Pietro, probabilmente, sotto l’influenza della predicazione del Maestro, aveva pensato di lanciarsi, buono e generoso com’era, nella sua nuova linea, facendo qualcosa di eccezionale: arrivando a perdonare fino a sette volte. […]

Ma Gesù rispondendo: “…fino a settanta volte sette”, dice che per lui il perdono deve essere illimitato: occorre perdonare sempre.

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”.

Questa Parola fa ricordare il canto biblico di Lamech, un discendente di Adamo: “Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette” . Così inizia il dilagare dell’odio nei rapporti fra gli uomini del mondo: ingrossa come un fiume in piena.

A questo dilagare del male, Gesù oppone il perdono senza limite, incondizionato, capace di rompere il cerchio della violenza.

Il perdono è l’unica soluzione per arginare il disordine e aprire all’umanità un futuro che non sia l’autodistruzione.

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”.

Perdonare. Perdonare sempre. Il perdono non è dimenticanza che spesso significa non voler guardare in faccia la realtà. Il perdono non è debolezza, e cioè non tener conto di un torto per paura del più forte che l’ha commesso. Il perdono non consiste nell’affermare senza importanza ciò che è grave, o bene ciò che è male.
Il perdono non è indifferenza. Il perdono è un atto di volontà e di lucidità, quindi di libertà, che consiste nell’accogliere il fratello e la sorella così com’è, nonostante il male che ci ha fatto, come Dio accoglie noi peccatori, nonostante i nostri difetti. Il perdono consiste nel non rispondere all’offesa con l’offesa, ma nel fare quanto Paolo dice: “Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male” .
Il perdono consiste nell’aprire a chi ti fa del torto la possibilità d’un nuovo rapporto con te, la possibilità quindi per lui e per te di ricominciare la vita, d’aver un avvenire in cui il male non abbia l’ultima parola.

“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”.
Come si farà allora a vivere questa Parola?
Pietro aveva chiesto a Gesù: “Quante volte dovrò perdonare a mio fratello?”.
E Gesù, rispondendo, aveva di mira, dunque, soprattutto i rapporti fra cristiani, fra membri della stessa comunità.
E’ dunque prima di tutto con gli altri fratelli e sorelle nella fede che bisogna comportarsi così: in famiglia, sul lavoro, a scuola o nella comunità di cui si fa parte.
Sappiamo quanto spesso si vuole compensare con un atto, con una parola corrispondente, l’offesa subita.

Si sa come per diversità di carattere, o per nervosismo, o per altre cause, le mancanze di amore sono frequenti fra persone che vivono insieme. Ebbene, occorre ricordare che solo un atteggiamento di perdono, sempre rinnovato, può mantenere la pace e l’unità tra fratelli.
Ci sarà sempre la tendenza a pensare ai difetti delle sorelle e dei fratelli, a ricordarsi del loro passato, a volerli diversi da come sono… Occorre far l’abitudine a vederli con occhio nuovo e nuovi loro stessi, accettandoli sempre, subito e fino in fondo, anche se non si pentono.
Si dirà: “Ma ciò è difficile”. Si capisce. Ma qui è il bello del cristianesimo. Non per nulla siamo alla sequela di Cristo che, sulla croce, ha chiesto perdono al Padre per coloro che gli avevano dato la morte, ed è risorto.
Coraggio. Iniziamo una vita così, che ci assicura una pace mai provata e tanta gioia sconosciuta.

Chiara Lubich

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